17vis2sotto_ibrahimovic_lapress
Ancora contro Ibra. Il destino dell’Italia di Antonio Conte, prima stritolata poi omaggiata dal tritacarne mediatico, passa oggi dalla sfida allo svedese che nelle ultime settimane domina i flussi del calciomercato come il campionato francese vinto quattro anni in fila con il Paris Saint Germain. Ibra contro Chiellini, Ibra contro Buffon, Ibra contro la difesa della Juventus, la sua prima squadra italiana. Il gigante della Svezia procura sempre suggestioni nel calcio italiano, forse è l’ultima grande star arrivata e ripartita dalla Serie A.

Mentre la discussione che incendia esperti, non esperti, l’agorà virtuale dei social e i bar italiani gira intorno alla classifica finale degli azzurri nel girone: primi o secondi, vincere o meno con la Svezia prima e poi l’Irlanda. Nel primo caso, probabile sfida a Spagna o Croazia, sennò potrebbe esserci Cristiano Ronaldo e il Portogallo che in passato si specchiava nell’acqua e non vinceva mai, mentre ora continua a non vincere e piace pure meno.

Insomma, sino a cinque giorni fa l’Italia, Conte, i calciatori avrebbero dovuto già programmare il volo di ritorno e le vacanze, perché di gloria in questi Europei se ne sarebbe vista poca. E invece ora dovrebbero valutare se vincere, pareggiare o perdere, come se fossero d’un colpo diventati una potenza della competizione.

E non è così, non può essere così. L’Italia di Conte, per l’impronta regalata dal ct, non può scegliere il suo destino ma solo costruirlo. Altro che barrare una casella tra Spagna, Croazia, Portogallo. È una Nazionale con poca qualità, con i piedi meno educati degli ultimi 20 anni. Lo sa Conte, lo sanno gli addetti ai lavori, forse anche gli atleti che però contro il Belgio hanno messo in campo la forza agonistica, il temperamento, le conoscenze ereditate in poche settimane di lavoro continuo sul campo con l’allenatore. Schemi, tattica, ferocia, i dettami di Conte sono andati a segno, gli Azzurri hanno eroso le certezze del Belgio con questo piano tattico.

Si va a cento all’ora, sempre e comunque, che si attacchi o si difenda, una partita alla volta e in caso di difficoltà tutti a edificare un castello intorno alle quattro torri della difesa italjuventina, una delle certezze dell’intera manifestazione, assieme alla persistente fortuna della Francia padrona di casa che accomoda due partite – Romania e Albania – e alla forza non continua della Germania, l’unica Nazionale con un paio di marce di vantaggio sulle altre. Forse nella letteratura sulla Nazionale italiana non si ricorda un allenatore in grado di incidere sino a questo punto, a trasmettere la sua natura, la sua forza, i suoi limiti alla selezione azzurra. Neppure Enzo Bearzot e Marcello Lippi, gli ultimi due che hanno sollevato la Coppa del Mondo, hanno inciso sino a questo punto.

E Conte non può, soprattutto dopo la prima con il Belgio non deve scegliere l’avversario degli Azzurri. Non può impedire che tv, giornali, chi campa con gli Europei possa declinare i pro e contro di questa o quell’avversaria. Ma deve continuare ad accelerare, spingere, tirare fuori il massimo dal gruppo, sennò tradirebbe i concetti su cui ha edificato la missione italiana in Francia. L’Italia non ha la forza di scegliere, di sfidare le altre, non deve dare per scontate le sue certezze, le sua qualità. Altrimenti è alto il rischio di perdere punti contro la Svezia, contro l’Irlanda, due Nazionali che sono agli Europei per la nuova formula a 24 squadre, che ha aggiunto interesse ma ha svilito la qualità delle partite.

Due caratteristiche, 46 calciatori e solo uno che marca il territorio, fa la differenza, Ibrahimovic, appunto. Piuttosto, il ct ha bisogno di passo, spinta, aggressività per riproporre quegli schemi mandati a memoria che hanno steso i belgi. Per questo motivo oggi contro gli svedesi forse ci sarà De Sciglio (o Florenzi, atteso all’esordio) sulla fascia destra, l’avvicendamento tra Thiago Motta e De Rossi, entrambi senza 90 minuti ravvicinati nei polpacci, forse la prima di Simone Zaza, richiesto da tanti, più che Insigne, sinora lasciato in cantina dallo stesso Conte ma anche da commentatori ed esperti, forse troppo affascinati dalla golden share della Juventus in maglia azzurra. Gli Azzurri possono fallire con svedesi e irlandesi, così come andare ai quarti e mandare all’aria le ambizioni di spagnoli, croati, portoghesi, anche dei tedeschi e dei francesi.

Se il torneo durasse qualche mese, Buffon e compagni non andrebbero oltre il sesto, settimo posto. Ma si tratta di 15-20 giorni, il tempo giusto per un’impresa.