Al numero 52 di via Sant’Anna, a Roma, in centro, non lontano da Piazza del Gesù, abitava nel 1834 una famiglia di incisori di monete e medaglie, gli Hamerani, che aveva richiesto l’intervento dei Gesuiti perché la figlia Veronica, diciannove anni, mostrava chiari segni di possessione diabolica. E infatti, al tentativo dei sacerdoti di benedirla con l’acqua santa la giovane si mise a scalciare in aria, ad agitare e roteare vorticosamente le braccia, a vomitare e urlare, a parlare con la presunta voce di Satanasso. Da allora, per sei mesi, gli esorcisti Gesuiti cercarono ripetutamente ma inutilmente di scacciare il demonio, attraverso la preghiera rituale, l’uso di reliquie e di ostie consacrate; arrivando perfino a legare Veronica, a frustarla, a trascinarla a forza davanti a un altare improvvisato.

Ora, la storia ravvicinata di questi infruttuosi tentativi e delle persone che vi parteciparono è stata ricostruita ed è al centro di un volume avvincente, e inusuale, di Fernanda Alfieri, Veronica e il diavolo (Einaudi, pp. 371, € 21,00). Rubando le parole a Bobi Bazlen, lo si potrebbe dire un «libro unico», che nasce cioè direttamente dalla tenace, ostinata sensibilità di una storica fortemente impegnata nello studio dell’immaginario e dei vissuti femminili, della sessualità e della violenza di genere; ma anche straordinariamente attratta dalla scrittura, dalla capacità di un testo di restituire brandelli di vita. Il tentativo – raro in un libro di storia – è «prendere per mano» il lettore e condurlo in mondi lontani, distinti e distanti, facendogli vedere, quasi «toccare» quanto vi accadeva.

Dal diario di padre Manera
Il contatto si affida a una descrizione ravvicinata, una «sceneggiatura» costruita mediante la prosa brillante che l’autrice intesse di oggetti, colori, paesaggi, parole, suoni. Un mondo di cose in parte depositate nelle fonti documentarie e in parte rese da una presenza autoriale che interviene con la propria esperienza di ricercatrice sui vuoti di informazione, con attitudine sartoriale: non cercando di mascherare le toppe apposte alle lacune documentarie, ma inserendole in un manufatto compiuto, un «vestito». Consapevolmente al di qua di una libera narrazione, sostituisce i vuoti con congetture plausibili e dichiarate, il cui fondamento sta in lunghe e meticolose ricerche condotte in una trentina di archivi di molte città e condensato in cinquanta pagine di note e di riferimenti documentari.

Le fonti dirette di questa storia di esorcismo sono assai esili: un resoconto delle pratiche compiute e delle reazioni ad esse, chiamato Esorcisazione e il diario tenuto da uno dei protagonisti, padre Manera. L’autrice vi aggiunge la sua capacità di indagine, seguendo le tracce dei personaggi che frequentarono la stanza di Veronica per ricostruirne le vicende, la storia, la psicologia. Di padre Manera, così, veniamo a sapere che, napoletano e presto orfano, era stato un docente ma anche un uomo inquieto e melanconico, divorato dai dubbi.
Di fronte allo scetticismo di Andrea Belli, il medico chirurgo dei Gesuiti, che dubitava della possessione pensando piuttosto a una manifestazione isterica, anche Manera prese le distanze, obbligando il Generale a sostituirlo col padre Massa, della cui vita travagliata pure vengono seguite le tracce, tra Bologna e la Spagna.
Costretto a un continuo andirivieni tra un qui e ora, la casa al 52 di via Sant’Anna, e altri luoghi e altri tempi dove vissero i protagonisti dell’esorcismo, alla ricerca di una loro definizione umana, intellettuale e morale, il lettore impara, ad esempio, che Padre Kohlmann, l’esorcista alsaziano più conseguente nel tentativo di scacciare il demonio dal corpo di Veronica, aveva girato mezza Europa prima di approdare negli Stati Uniti divenendo celebre per il suo rifiuto di rivelare alla polizia il nome di un ladro che durante la confessione aveva restituito la refurtiva: un caso processuale importante, attraverso il quale fu fissato il principio della libertà religiosa negli Stati Uniti.

Voci, traumi, dolori
Ma poi, oltre alle tracce lasciate dalle vite degli esorcisti, il libro segue anche le voci, confuse e inverificabili, che circondavano la famiglia Hamerani, e parlavano della relazione illecita di Veronica con un uomo, forse un canonico, che visitava la sua casa; o di una fattura fatta da una certa Francesca, marchigiana, per una vendetta contro Giovanni Hamerani, il padre, per aver questi allontanato i custodi della sua casa di Genzano; o infine delle somiglianze tra le ossessioni di Veronica e i sintomi delle malattie di due sorelle in anni passati.
E poi, assieme alle voci, i traumi, le tante morti (sette su otto figli) le molte inquietudini e il diffuso, pervasivo dolore. Il tutto in un mondo che muta, dividendo gli individui e le cose tra un antico regime che se ne stava andando e il mondo nuovo che si andava affermando.