L’ex ministra della cultura sudcoreana Cho Yoon-sun è stata condannata da una corte d’appello del Paese a due anni di carcere per il suo ruolo nella creazione e implementazione di una lista nera di artisti critici nei confronti del governo conservatore guidato da Park Geun-hye (rimossa l’anno scorso dalla sua carica in seguito a una procedura d’impeachment per corruzione e poi arrestata).

Cho, dopo aver a lungo smentito che esistesse una blacklist, lo scorso gennaio aveva ammesso per la prima volta l’esistenza di artisti deliberatamente sfavoriti nei finanziamenti statali – tra gli altri, i registi Park Chan-wook e Lee Chan-dong, l’attore di Snowpiercer Sang Kang-ho e lo scrittore Han Kang – di fronte alla commissione parlamentare incaricata di indagare sul più vasto scandalo che aveva coinvolto l’intero governo. «Credo esista una lista di nomi da escludere dagli aiuti governativi agli artisti», aveva detto Cho.

In seguito, l’ex ministra era stata assolta dall’accusa di aver fatto parte attiva di questa censura di Stato, ed era stata condannata solo a un anno – con sospensione condizionale della pena – per spergiuro. Ieri invece la decisione della corte d’appello che riconosce la sua responsabilità nella vicenda della blacklist.

Le voci sull’esistenza di una lista nera circolavano in Corea dal 2014, quando un membro del partito conservatore al governo – Mayor Suh – aveva cercato di bloccare la proiezione al Busan Film Festival del documentario The Truth Shall Not Sink Wih Sewol di Lee Sang ho e Ahn Hae-ryong, indagine sul naufragio nell’aprile 2014 del traghetto MV Sewol, che aveva fatto 304 vittime.