La strada è complicata, neanche a dirlo, le variabili sono ancora molte, ma la chiusura di Matteo Renzi alla (apparente) offerta di dialogo di Roberto Speranza, nel fine settimana con un’intervista a Repubblica, una qualche scossa a sinistra l’ha data. Del resto i paletti posti dal coordinatore di Mdp erano irricevibili per il Pd, intanto sulla legge elettorale: «Se vuole aprire un confronto reale, abbandoni la strada della fiducia». Renzi ha risposto picche, ieri al senato Mdp, Sinistra italiana e M5s hanno abbandonato la commissione e oggi sarà posta la questione di fiducia sul Rosatellum 2.0. A ulteriore chiarimento, ieri Bersani dalla Sicilia è stato durissimo sul Pd: «Se non risponderanno e tireranno dritto presenteremo una formazione progressista sicuramente alternativa alle politiche fatte fin qui e chiederemo un voto utile per un centro sinistra vero, non finto».

Il gesto di Speranza serviva a Mdp, spiega un dirigente, «per cominciare a combattere lo slogan del ’voto utile’ contro la destra, che il Pd utilizzerà contro di noi e che potrebbe essere micidiale. Dobbiamo rendere ancora più evidente che è Renzi a non voler dialogare». Il problema, poi, è anche quello di non presentarsi come una «cosa rossa», termine bandito, né come un «quarto polo». «Ma è possibile che non si capisca che questa definizione è deleteria e già contiene la condanna a una sconfitta?», spiega lo stesso dirigente.

Chiusa questa breve parentesi, nella sinistra sinistra non sono tutte rose e fiori. Ieri mattina il quartier generale di Art.1 si è riunito per fare il punto sullo stato dell’arte. I contatti con Sinistra italiana, Possibile e autoconvocati del Brancaccio dovrebbero partorire, subito dopo il voto siciliano, forse già il 7 novembre, un documento comune su cui aprire in parallelo i confronti interni delle singole forze interessate alla lista unitaria. Gli ex Pd, per fare un esempio, preparano assemblee provinciali per il week end dell’11 novembre e un’assemblea nazionale per il successivo 19. Altrettanto, ma con tempi propri, potrebbero fare gli altri. E se tutto va bene l’assemblea per la nascita della lista (tendenzialmente) unitaria della sinistra dovrebbe arrivare fra la fine di quel mese e i primi di dicembre e prevedere un meccanismo democratico di partecipazione. Nulla è ancora deciso, e tutti stanno attenti a non creare incidenti politici.

Ma è inutile negare che non tutto sta andando liscio. L’apertura anche solo teorica del dialogo con il Pd, benché durata lo spazio di un mattino, non è piaciuta a Sinistra italiana. Né al ’brancaccino’ Tomaso Montanari che ieri al Fatto l’ha definita un «giochino tattico». Il percorso comune è cominciato, ammette. «Dopo la fine delle ambiguità di Pisapia, è nato un confronto tra noi e Speranza e Art.1 e si pensava di essere tutti insieme sullo stesso autobus. Poi uno legge questa intervista (quella di Speranza su Repubblica, ndr) e s’interroga sui vari colloqui avuti sinora». Così l’appuntamento del tavolo di confronto sul documento, coordinato da Guglielmo Epifani, si è momentaneamente stoppato. Ma ripartirà presto, è la speranza dei componenti.

Una volta condivisi i valori e di qui le diverse ’gambe’ della lista, sarà la volta della scelta della leadership. E questo sarà un altro passaggio difficile. In Mdp sono in molti a credere che, senza più Pisapia, i profili più unificanti e popolari siano quelli di Bersani e del presidente del senato Grasso. Ma sul primo pesano le richieste di «rinnovamento» dei civici. E anche il secondo, corteggiato da Mdp ed apprezzato anche da Si, potrebbe non convincerli: «Su Grasso sarà decisivo il passaggio al senato sulla fiducia sul Rosatellum», dice ancora Montanari al Fatto. Ma per la scelta di un leader c’è ancora molta strada da fare.

Infine ieri è arrivata una mezza novità anche dal fronte di Campo progressista. In questi giorni complicati Pisapia non ha battuto colpo. Ieri pomeriggio ha riunito i suoi a Milano che alla fine hanno annunciato per novembre un incontro «aperto ad altre forze politiche e sociali», dove verrà chiesto «un confronto alle forze politiche e sociali che credono ancora nella possibilità di costruire un centrosinistra vincente su destre e populismi». E se il Pd di Renzi si è autoescluso da questo confronto, l’interlocutore naturale resta ancora Mdp.