«Sono nata per scrivere. La parola è il mio dominio sul mondo. Fin da bambina ho avuto varie vocazioni che mi chiamavano ardentemente. Una di queste era scrivere»: così Clarice Lispector definisce la sua viscerale dedizione alla scrittura sulle pagine del «Jornal do Brasil», quotidiano con cui collaborò dal 1967 al 1973 pubblicando settimanalmente le sue crônicas, testi a metà strada tra il giornalismo e la letteratura. Dalle parole della scrittrice brasiliana emerge non solo una naturale – e ovvia – inclinazione, ma soprattutto il fine che l’ha orientata, ossia il tentativo iterato di attingere, attraverso la parola, al nucleo di un’esperienza imperscrutabile e indecifrabile come quella dell’esistenza umana.
Vita e scrittura costituivano, per Clarice Lispector, l’imprescindibile nesso di un’intensa ricerca espressiva, che mirava a sondare il mistero dell’essere al mondo, trasformando l’attività letteraria in una sorta di missione accettata come un ineluttabile destino. Per Lispector non si trattava dunque solo di praticare la letteratura, ma di essere attraverso una scrittura che scardina i luoghi comuni, realizzandosi nella discontinuità di un transito sulla frontiera tra realtà e finzione, tra dicibile e indicibile, tra vita e opera.

Trame per un’unica storia
Ed è proprio la costante tensione tra il desiderio di cogliere l’inattingibile totalità dell’esistenza umana e l’inafferrabilità di un mondo che si espande e si frammenta in una pluralità di esperienze a condensare i circa ottanta testi di Clarice Lispector riuniti nel volume Tutti racconti (traduzione di Roberto Francavilla, Feltrinelli, pp. 553, € 35,00). Dai testi giovanili, composti tra il 1940 e il 1941, e inseriti nella sezione «Prime storie», si passa per la fase più matura rappresentata dalle narrazioni che compongono Legami familiari (nella traduzione di Adelina Aletti già pubblicata da Feltrinelli nel 1986), poi ai racconti contenuti in La Legione Straniera (finora inediti in Italia e tradotti, come tutti gli altri, da Roberto Francavilla) e alle raccolte Felicità clandestina, Dove siete stati di notte e La via crucis del corpo. Infine, Visione dello splendore include il racconto-crônica Brasília, mentre la sezione «Ultime storie» ci porta i racconti postumi La bella e la bestia, o La ferita troppo grande e Un giorno in meno.

Volume fondamentale, racchiude la traiettoria letteraria e umana di una scrittrice il cui nome è tra i più importanti della letteratura brasiliana del XX secolo, componendo una trama di accadimenti che sembrano rimandare costantemente a un’unica storia il cui senso non è mai esplicito, anzi si lascia niente più che intravedere, come sembra suggerire la giovane protagonista del racconto I disastri di Sofia: «Il mio turbamento scaturisce dal fatto che un tappeto è composto di così tanti fili che non posso rassegnarmi a seguirne uno solo; l’intreccio scaturisce dal fatto che una storia è composta da molte storie. E non posso neanche raccontarle tutte».

A partire da una quotidianità monotona in cui i personaggi, soprattutto quelli femminili, appaiono intrappolati in una fitta rete di abitudini, di doveri e di ruoli prestabiliti, nei racconti di Clarice Lispector irrompe una profonda riflessione esistenziale che trasforma l’ordinario e il prosaico in istanti di rivelazione dell’essere. La protagonista del racconto Amore, Ana, è una casalinga e madre dedita al mantenimento di quell’ordine e di quella routine che la allontanano dal «pericolo di vivere» e tuttavia le consentono ancora di concedersi al confronto con l’altro – in questo caso un cieco che mastica un chewing gum – con profondo sentimento di compassione e un senso di appartenenza a quelle «radici nere e soavi del mondo» confinate al di fuori della tranquillità delle pareti domestiche e ricercate in una fuga nel Giardino Botanico di Rio de Janeiro.

L’impetuosa e istintiva «carica vitale» di Ana, che si converte nella «peggiore voglia di vivere», contrasta, però, con una forma di amore istituzionalizzato dai legami familiari che imprigionano nel ruolo di moglie e madre portando alla totale rinuncia all’autorealizzazione: «Era finita la vertigine di bontà. E, se aveva attraversato l’amore e il suo inferno, ora si pettinava davanti allo specchio, per un attimo senza nessun mondo nel cuore. Prima di coricarsi, come se spegnesse una candela, soffiò sulla fiammella del giorno».

Valori in contrasto
La riscoperta delle oscure passioni intrinseche alle profondità dell’animo umano accomuna le storie di donne, uomini e bambini, rappresentando le varie tappe di un percorso di liberazione dalle sovrastrutture che coinvolge la stessa Clarice Lispector e che affronta, come scrive il critico brasiliano Benedito Nunes: «il problema dell’esistenza come problema dell’espressione e della comunicazione». La trasfigurazione letteraria di elementi biografici si intreccia con un’acuta meditazione sul farsi della scrittura, che logora il linguaggio come se Lispector – osserva ancora Nunes – «descrivesse, ottenendo un effetto magico di riflusso del linguaggio che lascia intravedere l’indicibile».

Emblematici in questo senso sono i racconti L’uovo e la gallina, sorta di metafora della creazione che costituiva un testo misterioso per la stessa scrittrice, La relazione della cosa che demistifica il concetto stesso di letteratura: «Gioco a carte scoperte: dico immediatamente quello che devo dire senza giri di parole. Questa relazione è l’anti-letteratura della cosa». E l’insieme delle prose incluse in La via crucis del corpo, punto di svolta della produzione letteraria di Clarice Lispector in cui si manifesta una maggiore partecipazione alla realtà sociale brasiliana, segnata dalla repressione del regime militare.

Sebbene già in Mineirinho, testo incluso nella sezione «Fondo di cassetto» della raccolta La legione straniera, la scrittrice esprima il suo «brutale grido disarticolato» contro una giustizia che abusa del proprio potere infliggendo la morte, è durante l’epoca della dittatura che Clarice Lispector mette in discussione il valore stesso della letteratura – «Un gatto qualsiasi, un cane qualsiasi valgono più della letteratura»– ricorrendo a nuove forme espressive in grado di manifestare il dissenso in relazione alla difficile situazione politica e sociale vissuta dal Brasile. È soprattutto in questa fase che la ricerca esistenziale della scrittrice penetra nel territorio dell’abiezione e dell’interdetto, affermando una ragione che si oppone all’autoritarismo: quella imposta dal corpo e dalle sue «crudeli esigenze». Temi come la sessualità, la prostituzione, il desiderio erotico di donne anziane, la poligamia contrariavano, infatti, la retorica moralizzatrice smascherando l’ipocrisia e il finto moralismo di una società il cui simbolo principale era il cadavere in putrefazione di Xavier, protagonista del racconto Il corpo.

Tutto l’archivio completo «delle poeti che e dei temi prediletti» di Clarice Lispector – scrive Roberto Francavilla – sta dunque in questo volume, la cui resa conserva la stessa potenza e la stessa densità dell’originale.