La costa settentrionale di Malta dista dall’estremo sud siciliano meno di 90 chilometri. Eppure uno dei vertici del triangolo mediterraneo, che collega Africa ed Europa, membro della Ue dal 2004 a 40 anni esatti dall’indipendenza, è un luogo sconosciuto. C’è chi ci va in vacanza, chi per studiare inglese in un luogo che per la sua geografia e la sua storia di isola colonizzata è l’incontro tra mondi: l’arabo, il mediterraneo, l’anglosassone. Ma di Malta sappiamo pochissimo.

IN TANTI L’HANNO SCOPERTA, o riscoperta, esattamente due anni fa, il 16 ottobre 2017, con un’esplosione: quella della Peugeot 108 messa in moto da una giornalista. Dalla giornalista locale per eccellenza: Daphne Caruana Galizia è saltata in aria, il suo corpo fatto a pezzi perché diceva la verità. Dì la verità anche se la tua voce trema (pp. 400 pagine, euro 18) è il titolo del libro appena uscito per Bompiani, nella collana «Munizioni» curata da Roberto Saviano, autore della prefazione. Curato dai tre figli, è una lunga raccolta di articoli scritti da Daphne negli ultimi trent’anni, intramezzati dai racconti e i ricordi di Paul, William e Andrew.
Sono loro a farcela immaginare a casa sua, davanti al computer, loro a disegnare la personalità poliedrica della madre: donna che si indigna, che utilizza le capacità di archeologa per scavare oltre il muro di gomma della realtà politica del suo Paese, persona vicina al partito nazionalista ma più fedele a chi sta ai margini, dai migranti chiusi in centri-prigioni che ne annichiliscono la volontà di vivere alle donne che il governo vorrebbe casalinghe convenientemente annoiate.

Il libro è necessario perché svela Malta, le sue contraddizioni e storture, politiche e sociali. Ne esce il ritratto di un Paese che è specchio perfetto della deriva nazionalista e sovranista europea, che – in alcuni casi in anticipo sugli altri – ha coltivato repressione delle voci critiche, islamofobia e razzismo, corruzione di Stato. Daphne la chiama protodemocrazia, mentre entra con le sue inchieste nelle viscere del malato potere maltese.
I primi capitoli sono dedicati agli scandali delle società offshore di proprietà dei vertici del governo, dal premier Muscat ai suoi ministri, tra cui spiccano le eminenze grige Keith Schembri e Konrad Mizzi. Un’inchiesta portata avanti in parallelo con i Panama Papers che hanno poi confermato le scoperte della giornalista: una rete di corruzione e nepotismo che ha deviato capitali e permesso a Muscat di radicarsi al potere.

LE CONSEGUENZE di quello scandalo – che investirono anche l’Europa, ritrovatasi con un commissario europeo, il maltese John Dalli, accusato di corruzione – non hanno provocato crepe nell’impero politico ed economico plasmato dal partito laburista. Hanno però travolto, una volta di più, la vita di Daphne.

Perseguitata, oggetto di violenze verbali, di una pioggia di cause per diffamazione, di attentati alla sua casa. Fino all’assassinio, due anni fa. Nella campagna del governo contro di lei sta l’armamentario tipico di uno Stato autoritario: i tentativi di metterla a tacere l’hanno investita sul piano economico (il blocco dei conti), su quello personale (il suo volto stampato su manifesti sparsi per l’isola, etichettata come «nemica di Malta»), su quello familiare (le pressioni esercitate sul marito e i figli) e infine su quello di genere, tipico strumento di un potere patriarcale volto a sminuire il suo lavoro e la sua vita privata.

UNA CROCIATA contro una donna estremamente coraggiosa, blogger da milioni di visualizzazioni, quelle di chi ha a cuore la democrazia. Degli anonimi però, fantasmi che non sono stati in grado di tutelarla. Se una campagna per la raccolta fondi a suo favore ha avuto un successo insperato (con denaro donato online o consegnato alla sua porta), voci possenti non se ne sono alzate. Solo dopo la sua brutale uccisione, una parte della società civile – a partire dalle donne – ha preso in carico il suo lavoro. Che continua ad avere effetti concreti, perché fa conoscere la vera storia di Malta, mai decolonizzata: un’isola che, dimenticando la sua atavica capacità di accoglienza, oggi chiude le porte ai migranti e tende l’orecchio a inquietanti rigurgiti fascisti.

Alla fine ha avuto effetti anche politici, uno tsunami: il 20 novembre l’imprenditore Yorgen Fenech è stato arrestato con l’accusa di essere il mandante dell’omicidio di Daphne. Poco dopo il ministro Mizzi e il capo dello staff del premier Schembri si sono dimessi, aprendo alle dimissioni più serie: quelle di Muscat che le ha già annunciate.