La «Provincia del Khorasan» dello Stato islamico (Iskp) rivendica l’ultimo clamoroso attentato contro i Talebani, che reagiscono con raid militari e intanto allargano le file governative. L’Unione europea paventa una catastrofe umanitaria e annuncia l’aumento dei fondi nell’assistenza umanitaria, confermando il blocco degli aiuti allo sviluppo.

IERI LA BRANCA LOCALE dello Stato islamico ha rivendicato l’attentato di domenica all’ingresso della moschea Eidgah di Kabul, la principale della capitale. Il bilancio delle vittime è incerto: 5, 10, 13, forse di più, decine di feriti. Secondo l’Iskp, si è trattato di un attentatore suicida, riuscito a superare due posti di controllo per poi farsi saltare in aria. Un attacco significativo: colpisce la capitale e indirettamente la leadership dei Talebani. Al momento dell’esplosione, nella moschea c’erano alcuni leader del movimento tra cui il portavoce Zabihullah Mujahed, che il giorno precedente aveva annunciato la grande cerimonia funebre per la madre.

Con l’attentato, lo Stato islamico confuta la principale pretesa dei Talebani: garantire la sicurezza, avere il monopolio della forza. Come ricordato nella rivendicazione, l’attacco alla moschea è parte di una campagna più ampia. È cominciata il 18 settembre, dopo la postura da basso profilo adottata dalla «Provincia nel Khorasan» nei giorni successivi all’attentato del 26 agosto all’aeroporto di Kabul: 190 civili afghani e 13 marines morti. Dal 18 settembre sono stati lanciati 25 attacchi, di cui 18 nella provincia orientale di Nangarhar e soprattutto nel capoluogo Jalalabad, 3 nella provincia di Kunar, 2 a Parwan e 2 a Kabul.

IERI I TALEBANI hanno annunciato di aver eliminato il numero uno dell’Iskp nella provincia di Kunar, Gul Hakim, e di aver eliminato i componenti di una cellula del gruppo nel quartiere Khair Khana di Kabul. Ieri sono state anche annunciate nuove nomine governative. Tra le scelte più significative quella di un altro vice primo ministro: è il mawlawi Abdul Kabir, uomo della vecchia guardia, già governatore della provincia di Nangarhar e a capo delle operazioni dei Talebani nella zona orientale, caduto in disgrazia ma poi rientrato nel «Politburo» della Rabhari Shura, mediatore e fine politico, critico verso alcune strategie militari troppo cruente per i civili.

Un altro uomo della vecchia guardia, il mullah Nooruddin Turabi, già a capo del ministero della Giustizia e ancora oggi sostenitore delle pene corporali, è vice responsabile della Mezzaluna rossa. Salgono dunque a più di 60 le nomine del nuove governo, annunciato il 7 settembre, che promette stabilità. Sulla pagina Facebook per gli Affari amministrativi un comunicato assicura che il governo sta affrontando tutti i problemi del Paese. Gradualmente, con l’aiuto di Allah, verranno risolti.

NEL COMUNICATO si accusano i «media anti-Talebani» e si fa riferimento all’ultima dichiarazione di Josep Borrell, l’Alto rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari esteri e la sicurezza, che a Doha due giorni fa ha discusso dell’Afghanistan con le autorità del Qatar. «Da quando i Talebani hanno preso potere, l’Ue ha deciso di aumentare gli aiuti umanitari da 57 a 200 milioni di euro e insieme agli Stati membri ci siamo impegnati per 677 milioni».

Borrell dimentica di dire che promettere aiuti finanziari non equivale poi a fornirli davvero, come lamenta l’Onu, che finora ha visto soddisfare solo il 22 per cento degli impegni presi dalla comunità internazionale alla conferenza del 13 settembre. I Talebani dimenticano di citare le richieste avanzate da Borrell sul rispetto dei diritti umani, negati nel Paese.