Sono 38 i morti e 90 i feriti nel doppio attentato di ieri a Baghdad. Due kamikaze sono saltati in aria in simultanea nell’affollata piazza Tayyaran, nel centro della capitale, zona piena di attività commerciali e luogo di ritrovo di operai in cerca di un lavoro a giornata.

I terroristi hanno preso di mira, come spesso accade (da ultimo sabato, 9 morti sempre a Baghdad) la popolazione civile. Nessuna rivendicazione ma la mano è nota: l’Isis che, privato delle sue ambizioni statuali, opera da mesi con cellule sparse in tutto il territorio iracheno, seminando morte e accrescendo l’instabilità.

A poco servono le rassicurazioni del governo che ieri, riunito con esercito e servizi segreti, ha promesso misure per distruggere «le cellule dormienti».

I numeri li fornisce l’Onu: nel 2017 sono morti per terrorismo e scontri armati 3.289 civili. Molti per mano dell’Isis, non ancora sconfitto ma operativo sotto altre forme. In tale contesto si inserisce la carenza di una strategia nazionale, che passi per ricostruzione dei territori liberati (alcuni da due anni, come Ramadi e Fallujah) e coinvolgimento politico delle comunità. A capo dei consigli locali stanno i vecchi leader, ormai privi di consenso perché giudicati corrotti e incapaci.

Resta da vedere dunque se le elezioni previste per il 12 maggio si terranno davvero, tra macerie e milioni di sfollati. Di certo c’è l’annuncio a sorpresa – durato solo 24 ore– del primo ministro al-Abadi: domenica ha lanciato una nuova coalizione, Alleanza per la Vittoria, a cui prenderanno parte figure sia sciite che sunnite, in chiave anti-settaria. Ieri l’ha dichiarata morta.

Al-Abadi aveva scelto come partner le più potenti milizie sciite, le Badr e il loro capo al-Amiri, stretto alleato di Teheran. Immediata era stata la reazione del religioso sciita al-Sadr, acerrimo nemico iraniano: «Accordo aberrante».

Che è andato già in pezzi: prima al-Fatah e Montasiroon (coalizioni di diverse milizie sciite) hanno lasciato l’Alleanza perché gestita da «soggetti che hanno abusato dell’Iraq». Poi fonti vicine ad al-Abadi hanno confermato: piano archiviato.