L’Isis attacca a Manila. Un uomo con il volto coperto ha aperto il fuoco contro turisti e dipendenti del Resorts World Manila, un grande centro commerciale con cinema, ristoranti, bar e casinò che si trova a Newport City, nelle vicinanze dell’aeroporto internazionale della capitale filippina: «il più grande resort integrato delle Filippine», secondo i depliant, molto frequentato dai turisti. L’uomo, che sarebbe riuscito a fuggire, ha sparato dal secondo piano degli hotel, provocando numerosi feriti. Al momento in cui scriviamo, si parla di 25 feriti. Alcuni turisti si sono buttati dalle finestre. Si sono avvertite esplosioni. Secondo il Site, l’organizzazione che monitora le attività del Califfato, l’Isis ha rivendicato a nome dei «lupi solitari del Califfo».

Secondo il Site, la rivendicazione è arrivata da Marawi, dove per oltre una settimana si è svolta una furibonda battaglia tra le forze governative e quelle delle cellule del radicalismo islamico, che cercano di penetrare nell’isola di Mindanao per espandersi nel sud-est asiatico. A Marawi, nel nord dell’isola, è entrata in azione la banda di Maute, legata all’Isis e ha provocato 103 morti. Gli scontri nelle Filippine, come gli attacchi analoghi verificatasi in Malesia e Indonesia indicano che l’Isis sta trovando terreno fertile: ma anche resistenze fra gli islamici moderati, come sembra indicare il cartello trovato su 16 cadaveri di civili uccisi dall’Isis a Marawi, e definiti «traditori dell’islam».

L’interesse crescente del radicalismo islamico per il sud-est asiatico è nota dal 2016, quando è circolato un video in cui si vede un combattente malesiano che incita un gruppo di simpatizzanti ad «andare nelle Filippine» in alternativa al Medioriente. In risposta all’attacco dei gruppi Maute e Abu Sayyaf, che hanno giurato fedeltà all’Isis, il presidente filippino Rodrigo Duterte ha proclamato da subito la legge marziale per l’intera isola meridionale di Mindanao, che copre un terzo dell’arcipelago a maggioranza cattolica. Nonostante l’offensiva dell’esercito, che ha compiuto anche bombardamenti aerei, i combattenti islamici mantengono il controllo di alcune aree della città, che conta 200.000 abitanti.

Hanno ancora nelle loro mani almeno 200 civili, tra i quali un sacerdote, Teresito Suganob, che in un video ha rivolto un appello a Duterte. «Le chiediamo di aiutarci. Dia ai suoi nemici quello che hanno chiesto: ritiri le sue truppe dalla provincia di Lanao del Sur e dalla città di Manawi, faccia finire i bombardamenti aerei. I suoi nemici sono pronti a morire per la loro religione». Duterte sostiene di aver accettato la trattativa. Intanto, i vescovi filippini hanno nuovamente criticato la legge marziale, durante la quale si moltiplicano gli abusi anche sugli oppositori, contro i quali è tornata ad abbattersi la scure di Duterte, dopo la rottura dei colloqui di pace con la guerriglia maoista. Secondo il governo, fra i 160 morti, 8 degli 89 militanti Isis erano yemeniti, ceceni, malesiani, indonesiani.