Lisetta Carmi è seduta di tre quarti sul tetto di casa, ieratica sul cielo di Cisternino, lo sguardo abissale è saldo sulla macchina. Con questa immagine si apre Genova 1960/1970, edito da Humboldt Books per la collana Time Travel (pp. 92, euro 18), che immagina il viaggio di Carmi da Cisternino, dove vive dagli anni ’80, verso la città in cui è nata e ha trascorso una delle sue vite, quella da fotografa. È il ritorno in una Genova lontana, ancora divelta dai bombardamenti del ’44, coi cavalli tra i camion, i costruttori di scope in saggina, le bambine velate di bianco per la processione del corpus domini, le ragazze uguali nei grembiuli di scuola in visita al cimitero. È una Genova con momenti di spensieratezza, negli abbracci in spiaggia, nelle danze alle balere, nelle panchine dei parchi, nelle partite a pallone per strada, sotto lo sguardo di santi che sovraintendono dalle edicole. È una città industriale animata da una profonda conflittualità tra un’imprenditoria che gode di un potere immenso, e le rivendicazioni da parte dei movimenti operai.
Lisetta Carmi per prima riesce a indagare le condizioni dei lavoratori del porto che, vincolato a normative doganali, era allora inaccessibile. Documenta il lavoro dei camalli, le banchine cariche, le barche rapprese intorno alle chiatte, le montagne di solfiti spalate a piedi nudi, e un mare che non riposa mai.

SENZA ROMANTICISMO, guarda alla statuaria del cimitero monumentale, dove legge il desiderio della borghesia di scolpire sul marmo il proprio status, nella resa minuziosa della ricchezza degli abiti e del mobilio, sorvegliata da angeli di una sensualità superba. Più familiare il modo in cui ritrae i travestiti nelle strade e nelle case dell’antico ghetto ebraico. È l’empatia di una persona che si definisce «ossessionata dalla questione dell’identificazione maschile e femminile», che ha frequentato la comunità dei travestiti, narrandola come parte della realtà cittadina senza scivolare nel gusto per il freak.

Genova 1960/1970 è un percorso di disvelamento progressivo di vite, dalle più manifeste alle più nascoste, e la sequenza di fotogrammi nella forma di libro riesce a rivendicare la forte carica narrativa delle fotografie di Lisetta Carmi, che si fanno racconto prezioso di uno spazio e di un tempo.
Il corpo dei testi di Giuliano Scabia, Giovanni Battista Martini e Giovanna Calvenzi mettono insieme i fotogrammi della vita di Lisetta Carmi come schegge luminosissime. L’abbandono della carriera da pianista, gli inizi con la fotografia al Teatro Duse, i reportage per il comune di Genova, i viaggi in Oriente, in Europa, le collaborazioni con Levi, Dallapiccola, Nono, Quartucci, fino all’incontro con Babaji che l’ha traghettata in un altrove lontano dalla fotografia, più vicino al suo spirito inafferrabile.