Nel gennaio 1991 uno dei miei primi voti al Congresso fu contro la guerra in Iraq. Lo ricordo bene. Quasi tutti i repubblicani appoggiavano la guerra, come anche parecchi democratici.

Io ero contrario. E uscendo dall’aula pensai: «Probabilmente mi toccherà essere un membro del Congresso per un solo mandato».

Ma ripeterò oggi quello che dissi allora, perché mi sembra ancora attuale: …la sfida dei nostri tempi non è quella di iniziare semplicemente una guerra che costerà la vita a molte persone – giovani americani e famiglie innocenti Oltremare – ma la vera sfida attuale è quella di capire come possiamo usare il nostro potere in altro modo per fermare le aggressioni e assicurare sicurezza alla nostra gente.

Perché se non ci riuscissimo ora, penso che il mondo intero debba prevedere, per i propri figli, un futuro di guerra, e ancora guerre, sempre guerre, come se non ne avessimo avute a sufficienza. Un decennio dopo quella prima guerra in Iraq, votai contro un altra guerra in quello stesso paese. Fu un voto giusto.

Ed è quasi incredibile immaginare che, dopo 17 anni di guerra irachena – una guerra che ha sconvolto qualsiasi ordine regionale in Medio Oriente ed ha causato il sacrificio di innumerevoli vite umane – questa Amministrazione ci collochi su un sentiero così pericoloso nella direzione di altre guerre. Questa volta contro l’Iran.

A quanto pare, per alcuni, decenni di guerra costante non sono sufficienti. Non dimentichiamoci che quando Trump assunse la presidenza, avevamo un acccordo antinucleare con con l’Iran, negoziato dall’amministrazione Obama insieme con i nostri più stretti alleati. Paesi di tutto il mondo sono riusciti a convergere per concludere quell’accordo che ha escluso qualsiasi armamento nucleare iraniano.

Sarebbe stato saggio consolidare quell’accordo, applicare quanto prescrive, e usare quel canale diplomatico per affrontare altre nostre preoccupazioni riguardanti la politica iraniana, compreso un loro appoggio a politiche di terrorismo.

Disgraziatamente Trump ha obbedito ai suoi impulsi più sconsiderati e ha prestato orecchio ad estremisti di destra molti dei quali sono gli stessi che ci hanno spinti alla guerra in Iraq.

Ora, come sapete tutti, la scorsa settimana il Presidente Trump ha deciso l’assassinio, in Iraq, di un importante generale iraniano, Qasem Soleimani, insieme con il comandante di una milizia irachena.
Trump ha giustificato l’assassinio di Soleimani affermando che fosse necessario per prevenire attacchi «imminenti» a forze armate statunitensi, ma la sua amministrazione non ha fornito alcuna prova, neanche in forma riservata, che confermasse questa affermazione.

Egli ha anche asserito che vi fossero dei piani per attaccare ambasciate statunitensi, di nuovo senza fornire prove. E ora, incredibilmente, apprendiamo che lo stesso Trump ha fatto sapere di avere agito sotto la pressione di alcuni senatori repubblicani che egli giudica importanti ai fini del processo di impeachment che sta per subire al Senato.

Ancora una volta, vediamo come Trump assuma decisioni di grande importanza che toccano la nostra sicurezza nazionale per ragioni egoistiche e senza riguardo per la Costituzione.

Come senatore degli Stati Uniti, farò tutto quanto è nel mio potere per contenere questo presidente irresponsabile e impedire una guerra con l’Iran.

Come presidente, m’ispirerei ad una concezione diversa nell’esercizio del potere americano: un potere che non si manifesta nella nostra capacità di distruzione, ma in quella di convergere con altre nazioni nella formazione di un consenso internazionale per fare fronte a sfide comuni.

La prova della grandezza di una nazione non consiste nel numero di guerre che siamo in grado di combattere o quanti governi riusciamo a travolgere, ma della capacità di risolvere conflitti internazionali in maniera pacifica.

Non sarò in grado di farlo da solo. Ma è possibile, soltanto possibile, che, anziché spendere globalmente 1.8 trilioni di dollari annui per armi di distruzione di massa, possiamo guidare il mondo per affrontare problemi che ci riguardano, quali le minacce esistenziali che derivano dai cambiamenti climatici.

Il nostro dovere è quello di offrire una visione diversa – una visione secondo cui gli esseri umani di questo pianeta potranno risolvere in maniera pacifica i loro conflitti, senza ricorrere ad omicidi di massa.

Vi ringrazio per il vostro appaggio a questa visione del futuro. Un saluto solidale

*tradotto da Gian Giacomo Migone, interlocutore in Italia di Bernie Sanders. Il testo arriva a poche settimane dall’apertura delle primarie democratiche per le presidenziali nello stato dell’ Iowa, dove è dato per favorito