Un Roadster rosso fiammante, una macchina elettrica da 100mila dollari. Un manichino che sembra un astronauta alla guida, ovviamente chiamato Starman come la canzone di Bowie. La terra, in tutta la sua azzurra bellezza, sullo sfondo. «Sembra ci sia una macchina in orbita attorno alla terra», ha scritto beffardo il miliardario Elon Musk sul suo twitter.
È una potentissima immagine iconica, un’irresistibile bomba mediatica. E infatti, puntualmente, ha campeggiato sulle prime pagine di tutti i giornali del mondo. Fra i tanti indubbi meriti di Musk, c’è senz’altro quello di aver riattivato l’immaginario spaziale degli anni Sessanta.

MA MUSK NON È SOLO un genio del marketing. Il risultato tecnologico che ha ottenuto la sua SpaceX è importante davvero. Come sa chiunque ci abbia provato, le faccende spaziali sono maledettamente complicate e complesse, e gli incidenti all’ordine del giorno. Space X (dopo molti tentativi a vuoto) non solo è riuscita a portare con precisione in un’orbita complessa (che potrebbe arrivare ben oltre Marte e la fascia degli asteroidi) un oggetto (scelto con grande cura immaginifica), ma è riuscita anche a recuperare due dei lanciatori, che sono riatterrati puntualmente alla base spaziale di Cape Canaveral: il sogno che la Nasa rincorre da 30 anni (lo Shuttle era stata l’incarnazione dell’idea di poter riutilizzare le navette, alla fine rivelatosi troppo caro). E il tutto a un prezzo stracciato: il Falcon Heavy, il razzo spaziale più potente oggi sul mercato, è costato 90 milioni di dollari, un decimo di quello che costerà alla Nasa un sistema analogo. Non è che Musk voglia (solo) farci sognare: portare le cose nello spazio in sicurezza e in economia è un business goloso, sia per le agenzie spaziali, che per i ministeri della difesa.

Musk è uno a cui piace pensare in grande: oltre che di SpaceX, è stato anche fondatore di PayPal, Tesla (la compagnia che produce auto elettriche), del futuribile Hyperloop e di altre imprese basate sull’energia solare, l’intelligenza artificiale, la neurotecnologia. Tutte tacciate di essere troppo ambiziose e pretenziose: anche SpaceX (fondata nel 2002) e Tesla (nel 2003), oggi referenti internazionali.
Musk, però, è un miliardario che butta via i soldi per «giocare e divertirsi». Come insegna il buon George Lakoff, questo framing narrativo è molto potente. Ma come, scriveva proprio due giorni fa il Guardian, spendiamo 90 milioni di euro, facciamo una bella foto e finiamo in prima pagina mentre i bombardamenti della guerra in Siria fanno sempre più morti e più rifugiati, e ogni due minuti un bimbo muore di malaria. «Non c’è forse nessun modo migliore di apprezzare la tragedia della disuguaglianza globale del 21 secolo che guardare un miliardario spendere 90 milioni per lanciare una macchina da 100mila dollari nella parte più remota del sistema solare», scrive Nathan Robinson. Già, ma – per fare un confronto – il governo degli Stati Uniti ha speso dal 2001 a oggi fra i 250 e i 300 milioni di dollari ogni giorno in guerre.

HA RAGIONE ROBINSON quando dice che i soldi di Musk (e di tutti i miliardari) sono nostri, e non loro, perché frutto di enormi sussidi statali e sgravi fiscali, come ben argomenta anche l’economista Marianna Mazzucato. Musk, come tutti i miliardari che vogliono contare a Washington, sovvenziona generosamente democratici e repubblicani e pur sposando le cause verdi, certo non spicca per le sue critiche né all’establishment, né tantomeno al capitalismo che lo ha reso ricco. È stato criticato da molti per la grandiloquenza delle sue idee e l’esecuzione economica tutt’altro che perfetta dei suoi progetti. L’idea di trasportare a velocità supersoniche di 1200 km/h persone in un tubo vuoto (Hyperloop) sembra una follia.
Ma come scriveva nel 1970 in una famosa lettera il fisico tedesco della Nasa Ernst Stuhlinger alla suora che gli chiedeva il senso di spendere tanti soldi per lo spazio invece che per i bambini in Africa, l’investimento per lo spazio (o la scienza, o la cultura, o l’educazione) non implica rinunciare ad altri tipi di investimento e forse non porta soluzioni immediate ai problemi del mondo.
La spesa per la conoscenza prima o poi porta sempre benefici. I sogni spaziali non sono incompatibili con quelli per un mondo più giusto. Magari con meno miliardari (anche se visionari) e più investimenti pubblici.