L’Italia esce distrutta dallo stadio Olimpico di Roma nella seconda giornata del Sei Nazioni di rugby. La sfida con l’Irlanda è finita 63 a 10. Nove mete a una e un dominio irlandese totale e incontrastato dal primo all’ultimo minuto e in qualunque fase di gioco. Il tabellino dei marcatori registra due hat trick (triplette) per gli uomini in maglia verde (CJ Stander e Craig Gilroy), una doppietta (Keith Earls) e una meta per il giovane Garry Ringrose. Paddy Jackson ha messo tra i pali tutte le trasformazioni. Per gli azzurri c’è la meta tecnica al 31’ del primo tempo, un penalty di Carlo Canna e null’altro. Per quanto lavoro Conor O’Shea abbia di fronte a sé e per quanto entusiasmo circondi l’allenatore della nazionale, la sensazione che il divario tecnico tra l’Italia e le grandi nazioni del rugby si stia allargando sempre di più.

Quindici secondi. E’ quanto gli azzurri hanno impiegato per comprendere che cosa fosse l’Irlanda scesa a Roma dopo la sconfitta di una settimana fa a Edimburgo, e quanta determinazione, competenza e furore atletico si portasse dentro. Quindici secondi, dunque. Il tempo di battere il calcio d’avvio e di vedersi recapitare nella propria metà campo un pallone alto che sembrava facile preda di Edoardo Padovani. Ma sul nostro estremo arrivava sparato Simon Zebo e gli soffiava l’ovale. Nei primi cinque minuti l’Italia si faceva mettere sotto per due volte in mischia: tra tutti i segnali, il peggiore possibile. Persa anche la prima touche in favore. Nel mentre l’Irlanda sembrava un tritacarne che triturava e macinava tutto. Meta al 12’ (Earls), meta al 18’ (Stander), ancora Earls al 25’. Il gioco dei verdi esprimeva strapotere. Era veloce in campo aperto, con il pallone che viaggiava di mano in mano, ed era micidiale nei punti di incontro: le ruck erano subito ripulite, l’intensità degli irlandesi non dava tregua alla difesa italiana.

La meta tecnica, dopo che la maul azzurra era stata per due volte affossata irregolarmente, serviva soltanto a illudere il pubblico dell’Olimpico. L’Italia si trovava sul 10-21 e con un uomo in più per il cartellino giallo a Ryan. Ma in quei dieci minuti, invece di riportarsi sotto, subiva una quarta meta con Stander (34’) che andava a schiacciare l’ovale nonostante si trovasse due giocatori azzurri aggrappati addosso: 10-28. In poco più di mezz’ora di gioco l’Irlanda aveva già chiuso la pratica e incamerato il punto di bonus.

Il secondo tempo era persino più impietoso per la nostra nazionale. Stander firmava la sua tripletta al 45’, poi cominciava lo show di Craig Gilroy, subentrato a Henshaw. Soffocati, demoralizzati, storditi, gli azzurri subivano altre quattro mete, con i verdi che trovavano spazi e andavano a segnare tra i pali: Gilroy al 67’, Ringrose al 72’, ancora Gilroy al 77’ e all’81’. Un massacro. Una dimostrazione di superiorità assoluta e incontestabile. Un’umiliazione. Mai gli azzurri sono stati in partita. Mai sono stati in grado di competere con un’Irlanda troppo più forte.

Rare ed estemporanee le apparizioni nella metà campo avversaria. I quindici giorni di pausa serviranno forse a chiarirsi le idee ma non a risollevare un livello tecnico che necessita di tanto lavoro, tanti miglioramenti e forse neppure questo sarà sufficiente. L’appuntamento è al Twickenham, contro gli inglesi che ieri sono riusciti a battere il Galles a Cardiff (21-16) e che sono per ora imbattuti.