Lo Stretto di Hormuz si conferma tra i luoghi più caldi del pianeta: mentre ci si ammassano navi militari e sottomarini americani e israeliani, ieri a mostrarsi è stato l’Iran. Le Guardie della rivoluzione, come riportato dalla tv di Stato, hanno confiscato una petroliera battente bandiera sudcoreana, la Hankuk Chemi, di proprietà della DM Shipping Co.

Una mossa che non piove dal cielo: la tensione tra Teheran e Seul è cresciuta rapidamente negli ultimi tempi dopo che banche sudcoreane hanno congelato fondi iraniani a seguito delle sanzioni re-imposte dagli Stati uniti dopo l’uscita dall’accordo sul nucleare del 2015 ordinata da Trump. La motivazione ufficiale del sequestro, fanno sapere i vertici dei pasdaran, è l’inquinamento ambientale: la petroliera avrebbe riversato nel Golfo prodotti chimici, violando i protocolli nazionali.

Per questo la Hankuk Chemi, con a bordo 7.200 tonnellate di etanolo caricati nello scalo precedente, il porto di al Jubail in Arabia saudita, è stata scortata nel porto iraniano di Bandar Abbas. Arrestato l’equipaggio, di diversa provenienza (Indonesia, Vietnam e Myanmar). Difficile capirne la rotta: la destinazione prevista era il porto di Fujairah negli Emirati, una tratta che non prevede il passaggio in acque iraniane.

Ieri pomeriggio il ministero degli esteri di Seul ne ha chiesto l’immediato dissequestro e il ministero della Difesa ha fatto sapere di aver ordinato l’invio nell’area di unità anti-pirateria. A monte resta però la ragione principe della mossa iraniana, l’applicazione delle sanzioni Usa.

In merito Saeed Khatibzadeh, portavoce del ministero degli esteri iraniano, ha fatto sapere che è previsto per questo fine settimana l’arrivo a Teheran di una delegazione governativa sudcoreana per discutere del congelamento (risalente allo scorso dicembre) di sette miliardi di dollari iraniani.

Denaro di cui l’Iran ha urgente bisogno per lanciare, tra le altre cose, la campagna nazionale di vaccinazioni contro il Covid-19: Teheran sta tentando di usare quel denaro per l’acquisto dei vaccini da Covax, la campagna dell’Oms per sostenere i paesi più poveri o sotto embargo.