Uno può dire quello che vuole, figuriamoci il presidente del Consiglio. Il suo vice poi, ancora di più. Davanti alle telecamere, per dettare alle agenzie, uno fa il carabiniere buono, l’altro il carabiniere cattivo. Come nelle barzellette, anche se qui c’è poco da ridere visto che le chiacchiere in libertà e i buoni propositi vengono dispensati in vista del vertice europeo di domani che si terrà a Bruxelles. Tema: l’immigrazione. Sullo sfondo: quasi quattrocento morti, tonnellate di ipocrisia, lacrime da coccodrillo e una disumanità non degna di un paese civile. E però Enrico Letta, con l’aureola da bravo ragazzo, a parole può permettersi addirittura di fare il sentimentale e bacchettare l’Unione europea durante il suo accorato intervento in parlamento. Come se l’Italia non c’entrasse niente, come se gli altri paesi non accogliessero già migranti in numeri che fanno impallidire la nostra incapacità di aiutare le persone che chiedono asilo. Angelino Alfano, invece, ha più di un limite e si limita a dire che gli immigrati “non possiamo tenerli tutti”, perché prima vengono gli italiani. Dice quello che può e che sa, sembra la caricatura di un leghista del 1991.

Enrico Letta, invece, quasi batte i pugni sul tavolo. Sa toccare le corde giuste, verrebbe da dire con parole sante. Proprio lui, la stessa persona che aveva solennemente annunciato i funerali di Stato e poi si è resa complice di una cerimonia imbarazzante sul lungomare di Agrigento, senza bare, senza superstiti bloccati a Lampedusa, con i rappresentanti del governo costretti a svignarsela sgommando sulle auto blu. “L’Europa per la sua stessa storia non può stare a guardare”, ammonisce Letta prima di partire per Bruxelles. “Se lo fa muore”, profetizza con enfasi visionaria. Il consiglio europeo che si apre domani sarà occasione per “iniziare a discutere di un’Europa diversa”, perché questa Europa “ha smarrito la sua anima in balia di discussioni interminabili sulle procedure”. Poi, con afflato papale, il primo ministro ha detto che “per la prima volta entrerà nel Consiglio il dolore della tragedia di Lampedusa, dinanzi a quel danno non dobbiamo conformarci alla globalizzazione della differenza”.

Parole incredibili. E poi anche una minaccia, perché l’uomo più in forma del Pd è sì buono ma sa anche essere molto risoluto: “A Bruxelles non accetteremo compromessi al ribasso”. E cosa vuole il governo italiano da Bruxelles? Dice Letta “quattro impegni precisi”. Misure immediate “per mettere in atto il programma di sorveglianza Eurosur e rafforzare Frontex” (nient’altro che misure poliziesche). Poi “un piano d’azione per la gestione dell’emergenza migratoria”, parole indecenti se è vero che esiste un centro di accoglienza come quello di Mineo (Catania) che ospita 4.000 richiedenti asilo in un paese di 5.000 anime, è lì che proprio ieri è scoppiata l’ennesima rivolta; per non dire della situazione penosa a Porto Empedocle o a Lampedusa, venti giorni dopo la tragedia del 3 ottobre. E per finire, Enrico Letta chiederà all’Europa anche “un dialogo con i paesi del Mediterraneo”, e qui si commenta da solo. Non c’è traccia dell’unica soluzione coraggiosa e di buon senso per evitare altre stragi nel canale di Sicilia: l’apertura di canali di ingresso legali e protetti in Europa per le persone che hanno bisogno di protezione internazionale, cioè il 70% di chi sta sbarcando sulle nostre coste, ammette il ministero degli Interni.

Si tratta di un piano così ambizioso e rivoluzionario che, guarda caso, l’Unione europea ha già accettato a scatola chiusa. Secondo il portavoce del commissario agli affari interni Cecilia Malmstrom, infatti, il piano presentato da Letta “converge con le priorità già annunciate dalla Commissione”. A Bruxelles, dunque, si daranno ragione ed i migranti continueranno ad affogare. Del resto, buoni propositi e vertici a parte, ci pensa il ministro Alfano a riportarci tutti quanti con i piedi per terra: “L’accoglienza degli immigrati è un punto fermo, ma non possiamo tenerli tutti. Prima del futuro degli altri dobbiamo occuparci del futuro degli italiani”.

Nel frattempo, toccherà occuparsi anche degli altri 250 migranti che ieri sono sbarcati al porto grande di Siracusa. Tra loro anche una neo mamma con la sua bambina, è nata durante la traversata.