Braghette corte, maglietta o camicia, scarpe da tennis, qualcuno ha le bretelle e un cappello di feltro con la piuma. Sono in sei e hanno studiato lo Schuhplattler, tipico ballo tirolese e bavarese in cui le mani battono sonoramente su cosce e scarpe. Ne esce un ritmo che ti entra nelle orecchie: ogni tanto si sospende con tutti che si guardano l’un l’altro, le mani tirano avanti le bretelle o la maglietta, i gomiti alzati a 90 gradi dal corpo, un respiro comune prima di ricominciare il battito. Non siamo in piazza, ma a teatro, stiamo entrando nell’ipnosi di FOLK-S WILL you still love me tomorrow? , performance, spettacolo, formidabile esperienza di condivisione firmata da Alessandro Sciarroni che la danza con i suoi cinque compagni, Marco D’Agostin, Pablo Esbert Lilienfeld, Francesca Foscarini, Matteo Ramponi, Francesco Vecchi. La durata? È tutta a discrezione del pubblico e dei performer.

Il luogo è la Triennale di Milano, Teatro dell’Arte, il festival è uno degli appuntamenti italiani più propositivi sulla performance e la contemporaneità: Uovo performing arts festival, diretto ormai da undici edizioni da Umberto Angelini. Undici anni che ci hanno proposto con intuito sguardi arditi e consapevoli sulla scena. Sciarroni è un autore che non fa mai uscire da teatro indifferenti. Fu così per il suo bellissimo Your girl del 2007 sul desiderio e lo sguardo sulla disabilità, Joseph del 2011 sul rapporto con l’immagine e la comunicazione interattiva, FOLK-S WILL you still love me tomorrow? porta il pubblico dentro il qui e ora della performance.
Lo spettacolo inizia: tutti in cerchio, i sei ballano lo Schuhplattler. Il ballo, ci informa uno degli interpreti, non finirà fino a quando resteranno spettatori o performer. Si può uscire dalla sala come dalla scena, chi se ne va non può rientrare. Regola data. I sei riprendono, inesorabili. Colpo sul tacco, colpo sulla coscia, mani su, mani alle bretelle. In ginocchio, in piedi. Le variazioni sembrano infinite nello spazio e nel tempo. Dove sta lo scarto tra struttura fissa e improvvisazione strutturata? A Milano la performance è durata quasi due ore. Tanto tempo c’è voluto perché dei sei strepitosi danzatori ne restasse uno. Le loro regole? Sono scritte in un testo che è il loro Manifesto, eccone alcune: non creare personaggi, non nasconderti/ sii sempre consapevole di ciò che ogni performer sta facendo/ smetti di ballare se il tuo bisogno è un altro/ se smetti di ballare crei un’anomalia nel sistema/ un’anomalia è il corpo del performer che rilascia l’energia di cui si è caricato/ non fuggire dal tempo presente.

In scena c’è una consolle dove si può cambiare traccia musicale. Ne hanno a disposizione 25. Per un bel po’ a Milano hanno danzato tutti insieme. Sciarroni è il primo a creare un’anomalia. Si ferma. Prende una fisarmonica. Esce. Tra il pubblico c’è chi va via quasi subito, chi tiene l’ora, chi l’ora e mezza. Intanto sulla scena qualcun altro esce. Il tempo passa, le tracce musicali cambiano. La relazione tra spettatori e performer si fa più precisa. Si commenta con il vicino. Chi resterà fino alla fine? Il pezzo sembra davvero faticosissimo, i performer via via più adrenalinici. E noi, dalle poltroncine? Noi si sta comodi, come abbandonare questi dervisci contemporanei in battaglia sulla fatica, sul tempo, sul riuscire a danzare nel presente senza mollare la presa, senza pensare al già fatto o a quello che ancora può mancare alla fine?

FOLK-S WILL you still love me tomorrow? è stato preparato in sei mesi, attraverso sei residenze in giro per l’Italia. Una performance sulla lotta, la presenza, la gioia nella ripetizione, la resistenza, la variazione. A Milano ha chiuso ruotando su se stesso tra un colpo e l’altro di mani e di tacchi Marco D’Agostin, ma tutti e sei singolarmente e nella dinamica del gruppo sono strepitosi. Applausi entusiasti dal pubblico (molto) rimasto fino in fondo. Una performance magnetica sul tempo presente.