La «grande i» può essere davvero crudele. La catena di ipermercati presente nel Nord e Centro Italia – 26 punti vendita, 7 mila dipendenti, dalla Lombardia all’Abruzzo – ha deciso di andarci giù duro: in luglio ha licenziato una lavoratrice, addetta al reparto pescheria dell’Iper Fiordaliso di Rozzano, per il solo fatto che ha l’osteoporosi. O meglio: la malattia della donna, di 48 anni, è stata la causa scatenante del conflitto con il gruppo, che ha motivato il licenziamento con l’impossibilità di ricollocare la dipendente in un luogo più consono alla sua parziale inidoneità.
I fatti sono andati così. La lavoratrice, qualche mese fa, accusando dei dolori, si era fatta visitare dal medico aziendale: che aveva rilevato una limitazione, scrivendo nel referto che non avrebbe mai più dovuto sollevare pesi oltre i 10 chili. Difficile, nel reparto pescheria. La donna ha dunque pensato bene di approfondire, e si è rivolta alla Asl: il presidio pubblico le ha riscontrato una osteoporosi, aggiungendo alla precedente limitazione anche la disposizione che non fosse messa a lavorare in posti a rischio scivolamento.
Ed essendo i pavimenti della pescheria spesso bagnati, ovvio che l’azienda dovesse spostarla di reparto. La «grande i» ha quindi deciso di mettere la dipendente per tre mesi e mezzo in aspettativa, in modo da cercare un posto più consono. Va detto che l’Iper di Rozzano ha circa 400 dipendenti, quindi non è che sia difficile trovare un’altra postazione. Senza contare altri ipermercati sparsi nel milanese, che pure la catena possiede: ad esempio Portello, in centro, o Magenta, in provincia. Ancora, da maggio a metà luglio al Fiordaliso sono stati attivati oltre 180 contratti interinali. Insomma, il lavoro certo non manca, ma per la donna non si trova.
Improvvisamente, la doccia fredda. Il 12 luglio parte la lettera di licenziamento: non si sono individuati, infatti, scrive l’azienda, luoghi che soddisfino le richieste della Asl. Cioè, hanno subito replicato Filcams Cgil e Uiltucs, «tutte le postazioni dell’ipermercato sono a rischio scivolamento? E con i clienti allora come la mettiamo? Rischiano di mettere un piede in fallo e cadere pure loro?».
Così sono partiti i sit-in, e diffusa una lettera aperta ai clienti per spiegare il caso, mettendo in evidenza il «paradosso dello scivolamento». «Ci viene il sospetto – dice Giorgio Ortolani, Filcams Cgil – che il licenziamento voglia essere un attacco indiretto alla Asl. Di solito la catena è attenta alla sicurezza, ma qui è come se la direzione locale abbia voluto dire ai lavoratori: meglio non rivolgersi ai presidi pubblici, accontentatevi dei nostri referti e delle nostre decisioni». E non è che la catena «grande i» sia fatta da novellini. Fondata nel 1974 da Marco Brunelli, crea a Cremona il primo centro commerciale italiano (nel 1976). E oggi fattura 2,5 miliardi di euro.