Le immagini che mostrano una impressionante distesa di meduse al largo della costa ucraina del Mare di Azov, sezione settentrionale del Mar Nero, hanno fatto a metà agosto il giro del mondo. La concentrazione di Aurelia aurita (medusa quadrifoglio), una specie poco urticante, è talmente elevata da impedire ai canoisti di muoversi nell’acqua. Il vicedirettore dell’Istituto di ricerca per la pesca e l’ecologia marina dell’Ucraina ha dichiarato che il forte aumento della popolazione di meduse dipende dall’aumento della salinità che si sta registrando in quel mare. Ma l’incremento riguarda tutti i mari e sono molteplici le cause che lo stanno determinando.

L’IMPATTO CHE L’UOMO HA SULL’ECOSISTEMA MARINO è alla base di questa crescita. Ogni estate facciamo i conti con le meduse e il termine più usato per definire la loro presenza è invasione, anche se in realtà siamo noi a invadere il loro habitat. L’interesse che le meduse stanno riscuotendo da alcuni anni è il risultato dell’impatto che, a loro volta, hanno sulle attività umane. Questo ci spinge a studiare gli aspetti sconosciuti della loro vita e il ruolo che svolgono negli equilibri naturali. Si tratta di animali planctonici costituiti per il 98% da acqua e che vivono sospesi, trasportati dalle correnti marine e dal moto ondoso. Appartengono al phylum Cnidaria, che comprende circa 10 mila specie. Vivono negli ambienti marini da almeno 500 milioni di anni e sono considerati tra i primi animali pluricellulari ad essersi affermati, conservando le loro caratteristiche nel corso del tempo. Sono un esempio di organismi il cui successo deriva dall’essere rimasti quelli che erano. Presentano una grande varietà di forme, dimensioni e modalità riproduttive, che ha consentito il loro adattamento nei mari di tutto il pianeta, dalle calde acque tropicali alle fredde acque delle zone polari.

OGNI AMBIENTE MARINO HA LE SUE MEDUSE, dai piccoli esemplari di 1-2 cm ai giganti che possono superare i due metri di diametro e pesare più di 200 kg. Una ventina di specie si è adattata a vivere nelle acque dolci. La maggior parte ha sessi separati e la loro riproduzione è di tipo sessuale, con due fasi distinte dello stesso ciclo vitale. Il primo stadio è quello del polipo, che vive fissato ai fondali ed è il risultato del processo di fecondazione delle meduse. Il polipo, a sua volta, rilascia delle piccole gemme che si sviluppano e portano alla formazione delle meduse, la forma adulta e libera di muoversi. Alcune specie di polipi, in particolari condizioni, sono in grado di sviluppare uno scheletro calcareo e formare le barriere coralline. Si nutrono di zooplancton, uova e larve di pesci, piccoli crostacei. Gli squilibri che stanno colpendo gli ecosistemi marini non sembrano impensierire le meduse che, al contrario, traggono vantaggio da questa situazione. La tropicalizzazione dei mari e l’acidificazione delle acque stanno favorendo il loro insediamento in nuovi habitat. Sono molti i fattori di origine umana che stanno alla base dell’aumento delle popolazioni di meduse.

LA PESCA INTENSIVA E INDISCRIMINATA HA PRODOTTO nei mari una alterazione dei cicli biologici. La drastica diminuzione dei predatori di meduse (cetacei, tartarughe marine, tonni) ha modificato gli equilibri e creato nuovi habitat nei quali le meduse hanno proliferato liberamente. Ma anche la diminuzione dei pesci competitori delle meduse ha consentito ad esse di avere una maggiore disponibilità di zooplancton. La maggiore disponibilità di cibo è sempre un fattore che favorisce la crescita di una popolazione, sulla terraferma come nell’ambiente marino. Il riscaldamento globale e l’aumento della temperatura delle acque rappresentano un altro elemento che sta favorendo la riproduzione delle meduse. Nel Mediterraneo, uno dei bacini che sta subendo maggiormente il riscaldamento, sia le specie native che quelle aliene, arrivate dai mari tropicali, mostrano maggiori vantaggi da un punto di vista riproduttivo.

L’AUMENTO DELLA PRESENZA DI MEDUSE è anche associato alla costruzione di nuove infrastrutture costiere, un fenomeno che si registra in tutto il mondo (Italia, Australia, California, paesi del nord Africa). La creazione di strutture sommerse favorisce la riproduzione delle meduse, perché nella fase di costruzione il polipo trova nuovi substrati su cui fissarsi e moltiplicarsi. Esiste un osservatorio internazionale che aggiorna la presenza e la diffusione delle varie specie di meduse nei mari del pianeta. L’Istituto di Scienze marine del CNR sta monitorando in questi ultimi anni la presenza delle meduse nei mari italiani. Secondo Angela Santucci, biologa marina, gli avvistamenti lungo le coste italiane sono aumentati di 10 volte negli ultimi 10 anni. L’esigenza di avere un monitoraggio scientifico della diffusione delle meduse ha prodotto un’app realizzata da Focus, in collaborazione con i ricercatori dell’Università del Salento, che consente di segnalare in tempo reale la loro presenza lungo le coste italiane. Compaiono e scompaiono in modo ciclico, in relazione ai periodi riproduttivi e alle condizioni locali. Le correnti e il moto ondoso le trasportano, favorendo la loro concentrazione nelle baie e in prossimità della riva. E sempre più spesso le meduse salgono alla ribalta della cronaca. Sono circa 150 mila i bagnanti che nel bacino del Mediterraneo ogni anno devono ricorrere alle cure per un contatto ravvicinato con le meduse. Nel Mediterraneo non sono presenti meduse mortali e la maggior parte delle specie non rappresenta un serio pericolo.

LUNGO LE COSTE ITALIANE sono la Pelagia noctiluca (Medusa luminosa) e la Rhizostoma pulmo (Polmone di mare), le due specie in cui ci imbattiamo più spesso. I problemi che ci procurano sono in genere di lieve entità rispetto alle meduse dei mari tropicali o dell’Australia, che causano una cinquantina di morti all’anno. La Medusa luminosa, nativa del Mediterraneo, ha un diametro di 10-15 cm, mentre i suoi tentacoli possono raggiungere i 10 metri. Presenta una bioluminescenza notturna ed è la responsabile della maggior parte delle punture nei mari italiani. Nell’estate di quest’anno la sua presenza è stata segnalata più volte nelle acque dello Ionio e del Tirreno, riuscendo a raggiungere anche il Mar Ligure. Gode di una attenzione particolare anche per i notevoli danni che può causare agli allevamenti di pesci.

Il Polmone di mare, invece, si caratterizza per essere tra le meduse più grandi del Mediterraneo. Il suo ombrello può superare i 50 cm di diametro e numerosi esemplari arrivano a pesare fino a 10 kg. Gli individui raggiungono lo stadio adulto alla fine dell’estate. Quest’anno ha mostrato un certo ritardo da un punto di vista riproduttivo e la sua presenza è stata meno segnalata. Ma ci sono due specie aliene, giunte nel Mediterraneo dal Mar Rosso, su cui i biologi marini stanno concentrando la loro attenzione: la Rhopilema nomadica (Medusa nomade) e la Physalia physalis (Caravella portoghese).

LA MEDUSA NOMADE, che ha un cappello di 50 cm di diametro, può raggiungere i 50 kg di peso. Con i suoi lunghi tentacoli può risultare molto pericolosa per l’elevato potere urticante. Segnalata nel canale di Sicilia, nello stretto di Messina e a sud della Sardegna, ha trovato un ambiente più adatto lungo le coste africane, dove può formare banchi con migliaia di individui. Sta causando gravi danni alle centrali di desalinizzazione di Egitto, Israele e Malta. La Caravella portoghese non si presenta sotto forma di singola medusa, ma è costituita da una colonia di polipi e meduse che convivono in superficie, con tentacoli lunghi fino a 30 metri che contengono potenti tossine. La sua presenza è stata rilevata lungo le coste di Sicilia e Sardegna ed è considerata in assoluto la più pericolosa del Mediterraneo.