Il 1 settembre del 1981 venne pubblicato su Die Tageszeitung – quotidiano berlinese alternativo, meglio noto come Taz – un breve annuncio dal titolo curioso: Tuwat (espressione che in italiano suonerebbe come «Facciamo qualcosa»). Firmato in calce da Tom Twiddlebit e Wau Wolf Ungenannt – alias Klaus Schleisiek e Wau Holland, oggi considerati tra i fondatori della cultura hacker nel vecchio continente –, il testo in questione era una chiamata alle armi per tutti coloro che, appassionati di computer e consapevoli delle potenzialità in fieri di questo strumento, non volevano che il suo sviluppo fosse condizionato esclusivamente dagli interessi delle grandi corporation e delle istituzioni governative.
L’invito «a fare qualcosa» era aperto a quanti desideravano invece immaginare un uso utile del computer senza per questo necessariamente appoggiarsi alle grandi infrastrutture centralizzate, proprie delle grandi imprese commerciali o degli apparati burocratici statali.

QUEL TRAFILETTO, apparso quasi in sordina sulle colonne del Taz, rappresenta oggi un documento storico straordinario. La sua pubblicazione costituì l’atto fondativo del Chaos Computer Club (Ccc) – attualmente uno dei gruppi hacker più influenti e numerosi al mondo –, la cui prima riunione si sarebbe tenuta di lì a pochi giorni, proprio nella sede di Die Tageszeitung. Sebbene siano ormai passati 36 anni, ciò che più colpisce leggendo quelle parole è l’attualità che ancora le caratterizza. Questioni come la proprietà dei dati personali, la crittografia, le «policies» inerenti allo sviluppo delle reti di comunicazione internazionale – temi oggi dibattutissimi da vaste schiere di esperti e al centro dell’agenda di numerose istituzioni pubbliche e private – venivano già allora colte in tutta la loro importanza, nonostante le tecnologie digitali, e in particolar modo quel settore di mercato che verrà in seguito definito come home computing, si trovassero allora in una fase pressoché aurorale.

L’attualità di quelle parole è testimoniata anche dal fatto che gli hacker del Ccc hanno scelto di riutilizzarle nel 2017 come testo di lancio per la 34ma edizione del Chaos Communication Congress (#34C3), il loro meeting annuale che quest’anno si svolgerà a Lipsia da oggi al 30 dicembre. Sarebbe però ingeneroso definire il Chaos Communication Congress come «cosa loro». A prendere parte all’evento non sono «solo» i 5500 membri del Ccc, ma anche migliaia di altre persone provenienti da tutto il mondo. Dalla prima edizione, svoltasi a Berlino nel 1984, il Congress ha visto aumentare esponenzialmente il numero dei partecipanti, arrivando a toccare le 12500 presenze nel 2016. Numeri che fanno di questo raduno hacker uno dei più importanti a livello globale, paragonabile solo al Def Con, l’omologo meeting che si svolge ogni estate nei pressi di Las Vegas.

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A DIFFERENZA dell’incontro organizzato dai cugini statunitensi, il Chaos Communication Congress mostra però una più spiccata inclinazione verso l’impegno politico (un tratto distintivo, questo, tipico della scena hacker europea). La riprova di tale attitudine non sta solo nei contenuti che verrano proposti durante il #34C3, ma anche, e soprattutto, nelle sue modalità organizzative.
I quattro giorni di workshop, assemblee, discussione e performance artistiche – incentrati su tematiche come sicurezza digitale, privacy e libertà di espressione – sono resi possibili da 2500 volontari (detti angels) che, in cambio di un pasto gratis, si occupano di ogni singolo aspetto dell’evento: cibo, amministrazione della rete, traduzione, gestione degli ingressi, registrazione dei talk, sicurezza e molto altro ancora.

MA NON È TUTTO. Il #34C3 si differenzia da altre convention hacker perché anche ai partecipanti viene richiesta un’assunzione di responsabilità collettiva per garantirne la riuscita. Infatti, per far sì che un ambiente caotico come quello del Congress risulti il più possibile inclusivo e accogliente, c’è una precisa regola da osservare: «Siate eccellenti l’uno con l’altra». Una frase che, come spiega un post sul sito ufficiale del raduno «non solo uno slogan ma l’anima stessa dell’evento».

STRADA SBARRATA allora a qualsiasi comportamento sessista – una piaga purtroppo assai diffusa in diverse comunità del mondo Open Source e Free Software –, così come a stand commerciali e alla vendita di gadget e ammenicoli tecnologici. Divieto di tenere dei talk pure per chi sviluppa tecnologie in collaborazione con agenzie di spionaggio o militari (anche questa, sfortunatamente, una presenza consueta in tante convention hacker, considerate da molti governi come luoghi di reclutamento per ingrossare le fila dei propri cyber-eserciti).

PORTE APERTE invece a tutte le altre forme di vita disposte a conformarsi con la tradizione libertaria e tollerante che da tre decenni è il tratto distintivo di questo congresso galattico. Chi è alla prima esperienza o ha bisogni particolari – magari perché soffre di autismo o è diversamente abile – può richiedere il supporto dei Chaos mentors, una truppa di aficionados del Congress pronta a rispondere a qualsiasi domanda dei nuovi arrivati, per aiutarli a esplorare senza troppo affanno il #34C3 e a mescolarsi con le migliaia di altri alieni che lo popolano.
Il fatto è che chiunque potrebbe sentirsi disorientato al Congress, foss’anche soltanto per la miriade di eventi in calendario. Solo le conferenze inserite nel programma ufficiale del #34C3 sono più di 200, divise a loro volta in 6 differenti categorie tematiche. Ethics, Society & Culture è quella che prevede il maggior numero di talk, prevalentemente dedicati a discutere le questioni politiche e le conseguenze derivanti dalla digitalizzazione di ogni singolo aspetto della nostra vita. I fallimenti della Internet of Things, la governance della Net Neutrality in Europa, l’importanza che stanno assumendo le criptovalute come Bitcoin, i programmi di sorveglianza di massa implementati da Regno Unito, Olanda, Arabia Saudita e Iran saranno solo alcuni degli argomenti trattati. C’è poi lo stream Security: hacker e ricercatori porteranno all’attenzione del pubblico le nuove tecniche da loro scoperte per rendere più (o meno) sicuro il software e l’hardware che utilizziamo quotidianamente.

DIVERSI IN QUEST’AMBITO gli interventi dedicati ad Intel Me, un chip montato dai moderni processori targati Santa Clara e rivelatosi recentemente un colabrodo in grado di mettere a rischio milioni di computer. Hardware & Making si rivolge invece a coloro che amano sporcarsi le mani con le macchine, sovvertirne l’uso ed ampliarne le funzioni secondo i propri desideri, sia che si tratti di robot, sistemi di energia alternativa, strumenti medici, musicali o agricoli. Tra gli altri, c’è anche un workshop per imparare a distillare l’alcool in casa, senza incorrere in rischi legali o per la salute. Infine, le altre tracce del #34C3 sono Science (quest’anno un occhio particolare sarà rivolto ai fenomeni di cambiamento climatico), Resilience (come sviluppare tecnologie decentralizzate in grado di semplificarci la vita) e Art&Culture (che, attraverso rappresentazioni artistiche, racconta contraddizioni e cambiamenti sociali provocati dai computer).

A queste conferenze si affiancano altre 110 sessioni auto-organizzate, decine di talk improvvisati e centinaia di assemblee animate dalle altrettante comunità che daranno vita al #34C3. Se dopo aver letto questo articolo state pensando di fiondarvi a Lipsia per prendervi parte, sappiate che ormai potrebbe essere tardi. Come accade già da qualche anno, tutti i biglietti messi a disposizione sono andati esauriti. Nulla vi impedisce però di assistere allo streaming on-line dei talk che più vi interessano o di vederne la registrazione in un secondo momento.

Per info: https://events.ccc.de