Fin dalle sue origini la fantascienza è stata caratterizzata da una sorta di doppio binario. Da una parte viaggi nello spazio e incontri – o più spesso scontri – con civiltà aliene, dall’altra viaggi nel tempo.

Basti pensare all’opera di quello che con Jules Verne è considerato il fondatore della moderna science fiction, ovvero H. G. Wells. Le sue opere fondamentali e universalmente conosciute, La guerra dei mondi e La macchina del tempo, trattano proprio rispettivamente di un’invasione aliena e di un viaggio nel futuro.
Se, a partire almeno dallo sbarco sulla luna, l’umanità ha iniziato a percorrere lo spazio siderale, spostarsi lungo il corso del tempo sembra a tutt’oggi ancora un sogno probabilmente irrealizzabile. Da qui forse nasce quel fascino particolare che emanano le storie che affrontano tale argomento. Fascino che emerge assolutamente intatto dall’antologia di racconti curata da Fabrizio Farina, intitolata Viaggi nel tempo, uscita di recente per Einaudi (pp. 235, euro 13,50).

Al suo interno è possibile ritrovare alcuni dei più riusciti racconti dedicati ai crononauti, scaturiti dalla penna di veri e propri pesi massimi della fantascienza, e non solo. Autori del livello di Ray Bradbury, Arthur C. Clarke, Philip K. Dick, Edgar Allan Poe, oltre che, naturalmente, H. G. Wells. Di particolare interesse, oltre che di gradevolissima lettura, risulta, innanzi tutto, la prefazione di Fabrizio Farina. Ricca di informazioni e dettagli, densa di scoperte per il lettore, si presenta sostanzialmente come una sorta di percorso tra le varie opere letterarie che hanno trattato dell’argomento prima del romanzo di Wells.

Si può, così scoprire che da davvero tantissimo tempo scrittori molto diversi tra loro si sono cimentati con storie dedicate al viaggio nel tempo. Tanto che il primo racconto dedicato a tale tematica – vera e propria chicca puntualmente compresa nell’antologia – è un testo addirittura del 1331, scritto da Juan Manuel, intitolato Il mago rimandato «che racconta con un delizioso brio inventivo, come se di viaggi nel tempo si scrivesse e leggesse comunemente, di un priore che, per imparare le arti occulte, si rivolge a un noto stregone».

Naturalmente, all’interno della raccolta, la parte del leone è riservata agli esponenti della cosiddetta Golden Age. Si va da Ray Bradbury che racconta di un safari particolare incentrato sulla caccia al tirannosauro a William Tenn che, con il suo Progetto Brooklyn, sembra quasi voler rifare il verso al famoso Progetto Manhattan, solo che al posto della bomba atomica qui c’è una sorta di “crono-arma” «che renderà il nostro glorioso paese ancora più sicuro, un’arma che i nostri nemici possono, con piena giustificazione, temere». E poi ancora Arthur C. Clarke con i suoi ladri di opere d’arte alle prese con viaggiatori provenienti dal futuro. Fino ad arrivare a Stanley G. Weinbaum, famoso per Un’odissea marziana, morto giovane, la cui carriera durò appena un anno mezzo, qui presente con una riflessione sul tempo infinito e sull’eterno ritorno di tutte le cose.

Anche l’Ottocento risulta ben rappresentato con veri e propri classici come Una discesa nel Maellstrom di Poe o il Rip Van Winkle di Wahington Irving, storia basilare dell’immaginario americano sull’uomo che dormì per vent’anni. Chiaramente non poteva mancare un contributo di Wells, qui presente con Il nuovo acceleratore, gustosissimo racconto, pieno di comicità e di ironia, su di un’invenzione straordinaria. Così come risulta davvero interessante Interessi composti di Mack Reynolds. Scritto nel 1956 da uno scrittore dalle idee socialiste, tratta delle possibilità che viaggiare nel tempo potrebbe offrire alla speculazione, mostrando al contempo, in una sorta di circolo vizioso, l’assoluta inutilità della finanza, al di là del suo potere inumano sulle vicende umane.

Infine Pulce d’acqua mostra un Philip K. Dick al suo massimo splendore. Comico, ironico, graffiante il racconto vede come protagonista un altro grande scrittore di fantascienza, Poul Anderson, trasportato nel futuro per risolvere un problema relativo ai viaggi spaziali. Gli autori di science fiction, infatti, vengono considerati in quell’epoca lontana capaci di prevedere il futuro, sono chiamati precog, come in un altro famoso racconto di Dick, Minority Report, e, per questo sono stati tutti sterminati vent’anni prima.

Questo racconto è il più recente fra quelli compresi nella raccolta ed è stato pubblicato nel 1964. Sembra strano che un’antologia sui viaggi nel tempo possa iniziare con una storia scritta nel 1300 e si fermi agli anni Sessanta del Novecento. Premettendo che il livello della raccolta è davvero alto e offre una panoramica esaustiva sull’argomento, il fatto che la storia presentata più recente risalga a oltre cinquant’anni fa appare allora come un ulteriore sintomo della crisi che, da tempo, sembra aver colpito la sf. In un momento in cui trionfano Star Wars e Star Treck e quando la fantascienza sembra aver rotto gli argini andando ad invadere anche i territori propri delle opere mainstream, questo genere letterario, per tanto tempo così vitale, appare aver esaurito la propria forza propulsiva, la propria carica rivoluzionaria diventando quasi solo argomento delle storie della letteratura.