La Calabria vive ore drammatiche. C’è un incubo che tormenterebbe il sonno di due milioni di Calabresi, una vera e propria minaccia per la pubblica morale: Francesco Caruso insegna Sociologia nell’università di Catanzaro. Ha firmato un contratto semestrale. Percepirà l’astronomico stipendio di 350 euro al mese! Insorge veemente, contro la sua cattedra, la protesta del Coisp, il sindacato di polizia passato alla storia per essere stato talmente «eroico» da inscenare un sit-in sotto le finestre della madre di Federico Aldrovandi, il giovane ucciso da poliziotti a Ferrara nella notte del 25 settembre 2005. Adesso, insieme ad un altro muscoloso sindacato, il Sap, vorrebbe manifestare contro Caruso, nel giorno della sua presa di servizio.
Ad invocare per primo l’intervento della pubblica inquisizione era stato Ivan Cardamone, presidente di uno dei consigli comunali più travolti da scandali giudiziari negli ultimi anni, quello di Catanzaro: «L’ex Noglobal ha una lunga serie di procedimenti penali a suo carico che vanno dall’associazione sovversiva e cospirazione».
Pochi giorni dopo, in una nota, il Coisp calabrese auspicava che l’ex deputato del Prc «prenda le distanze dal sentirsi sovversivo a tempo pieno». In tema di «buona scuola», riecco lo spauracchio dei presunti «cattivi maestri». Forse avvertendo nostalgia per un’antica polemica all’italiana, il sindacato si chiedeva «che genere di insegnamento intendiamo dare ai giovani dell’ateneo catanzarese?». Inoltre, il sindacato ammoniva Caruso, pretendendo da lui un atto di purificatorio ravvedimento: «saremmo ben felici di sapere che nulla ha più a che fare con un mondo collegato ad episodi che hanno mirato alla sovversione dell’ordine dello Stato italiano».
È evidente che né il Cardamone né il portavoce regionale del Coisp leggono frequentemente i giornali della città in cui vivono. Proprio a Catanzaro, infatti, per i presunti reati menzionati, cinque anni fa Francesco Caruso ha ottenuto, insieme a tutti gli altri imputati, la conferma dell’innocenza piena già riconosciuta dalla corte d’Assise. Assoluzione poi confermata dalla Cassazione. Ed è proprio dall’esito di questo procedimento, forse, che trae origine la nuova «caccia alle streghe»… anzi, allo stregone (Caruso è originario di Benevento, mitica patria di fattucchiere, oltre che di eretici). Nell’operazione contro il «Sud Ribelle», che nel 2002 portò a decine di arresti, numerosi dirigenti della Digos e del Ros si giocarono carriere e promozioni. In alcuni casi, incassarono i complimenti di qualche esponente politico. L’allora senatore forzista Tonino Gentile, in uno slancio antigarantista, propose addirittura la promozione degli inquirenti che avevano condotto quell’inchiesta, prima ancora che il processo avesse inizio. Ma tutto si rivelò un bluff. Quasi quattro milioni di euro spesi per l’intera operazione, subito sgonfiata da decine di migliaia di persone che scesero in piazza per sbugiardare la procura di Cosenza, poi bollata come una montatura dall’assoluzione intervenuta nei tre gradi di giudizio. A distanza di anni, dunque, la polemica contro il professor Caruso rivela un rancore mai sopito. Domenica, al coro «Crocifiggi, crocifiggi» si è unito anche il Corriere della Sera, dedicando alla vicenda un appassionato editoriale.
Ieri centinaia di docenti universitari, con una lettera aperta, hanno preso posizione a favore di Caruso: «La commissione giudicatrice dell’Università di Catanzaro ha conferito l’insegnamento a Francesco Caruso sulla base della valutazione dei titoli e del curriculum. Stabilire l’idoneità e l’adeguatezza per insegnare spetta esclusivamente alla commissione accademica appositamente istituita e non certamente ad esponenti politici o a rappresentanti sindacali delle forze di polizia. Il libero sapere deve poter contare sull’autonomia della ricerca e dell’insegnamento, dunque delle istituzioni a ciò preposte».