Non c’è «nessuna indicazione di voto inesplicabile» per il secondo turno da parte di Jean-Luc Mélenchon. Il candidato della France Insoumise, in un lungo intervento sulla sua rete YouTube, dopo aver rimpianto la sconfitta «per soli 620mila voti», ha giocato su due piani: qualcuno può dubitare del fatto che mi opporrò all’estrema destra? ha detto, ma ha subito aggiunto che è inutile «prenderci alla gola», «intimarci» di scegliere, «tra estrema finanza e estrema destra».

Mélanchon andrà «a votare» a titolo personale, non dice per chi, «non sono un guru», indica sulla giacca il simbolo dei deportati politici, ma incita soprattutto i suoi elettori a «restare uniti» per le legislative di giugno, qualunque sia la scelta per il ballottaggio. France Insoumise presenterà un candidato in 451 circoscrizioni su 577. I Verdi, che al primo turno delle presidenziali hanno sostenuto il socialista Benoît Hamon, hanno proposto candidature comuni a Mélenchon, per costituire un «polo progressista e ecologico all’Assemblée nationale».

 

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In mattinata, Marine Le Pen con un video su twitter ha lanciato un chiaro appello all’elettorato di Mélenchon, dopo averne lodato la campagna e «la presenza di bandiere bianco rosso blu al posto delle bandiere rosse»: «Mettiamo dispute e divergenze da parte, non è possibile lasciare i comandi a Emmanuel Macron», ha detto la candidata di estrema destra, invitando gli elettori della sinistra radicale a «sbarrare la strada a Macron» assieme. Persino Marion Maréchal-Le Pen, la nipote vicina al nonno Jean-Marie e paladina del liberismo, ha parlato ieri di «aspirazioni comuni» con France Insoumise.

Imbarazzo e risposta stizzita del portavoce di Mélenchon, Alexis Corbière, alle avances di Marine Le Pen: «È una manovrina senza grande dignità». La non indicazione di voto da parte di Mélenchon, secondo un sondaggio Odoxa, farebbe perdere 13 punti a Macron tra i votanti France Insoumise (dove il 10% voterebbe Marine Le Pen), ma questo caso sta facendo perdere consensi anche a Mélenchon (6 punti).

La polemica sulle indicazioni di voto, che sta frammentando il tradizionale «fronte repubblicano», ha messo ieri con le spalle al muro la sindaca di Lille, la socialista Martine Aubry. «Martine Aubry ha difficoltà a votare qualcuno che era ministro di Hollande, che è progressista? – ha chiesto ieri l’ex sindaco di Parigi, Bertrand Delanoë – il voto per Macron non puzza». Aubry è stata costretta a rispondere: «Certo, voterò Macron». Philippe Martinez, segretario della Cgt, non darà «nessun voto a Marine Le Pen», però non ha pronunciato il nome di Macron e gli ha ingiunto di «smetterla di colpevolizzare gli elettori». Force ouvrière non dà indicazioni di voto, Solidaires, come la Cgt, non digerisce il programma economico di Macron. Per Macron, oltre a Zidane e Lilian Thuram, si è pronunciato ieri il sindacalista della Confédération paysanne, José Bové, come già aveva fatto la Cfdt. Benoît Hamon, che voterà Macron, prefigura una «battaglia culturale e politica immensa, la sinistra ha territori interi da riconquistare e milioni di francesi da convincere». A destra, continuano a manifestarsi varie reticenze a scegliere Macron e molti opteranno per Le Pen, anche se pesa la minaccia di esclusione dai républicains.

La guerra si è spostata nella campagna. Macron è andato a Ouradour-sur-Glane, comune dove il 10 giugno ’44 furono massacrate 682 persone da un’unità delle Waffen SS, come rappresaglia.

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Il lepenista storico, Jean-François Jalkh, è stato rimosso in tutta fretta da Marine Le Pen dalla presidenza ad interim del Front National per aver preso posizioni negazioniste. In mattinata, Delanoë ha ricordato la Germania degli anni ’30, quando l’estrema sinistra non aveva scelto tra social-democratici e nazional-socialisti, con il tragico seguito che tutti conoscono.

Un ritorno alle posizioni tradizionali del Fronte nazionale è arrivato da Jean-Marie Le Pen, che ieri ha insultato l’omaggio del compagno del poliziotto ucciso sui Champs Elysées, alla cerimonia ufficiale: «Più omosessuale che poliziotto», «ha reso omaggio al matrimonio gay».

Macron cerca di tenere assieme da destra e da sinistra, contro la minaccia «dell’astensione e della dispersione», che «aiutano Marine Le Pen».