È stato l’inizio del processo al 13enne Ahmad Manasra, accusato del tentato omicidio di un coetaneo israeliano, a riportare l’Intifada a Gerusalemme Est? Se lo domandavano ieri in molti di fronte alle strade della città santa divenute, dopo tre settimane, di nuovo terreno di scontro tra dimostranti palestinesi e poliziotti israeliani. Oltre che scena di tentati attacchi all’arma bianca nei pressi delle mura della Porta di Damasco, nella colonia di Pisgat Zeev e all’ingresso del sobborgo di Abu Dis. Due palestinesi – Sadeq Gharbiyeh, 16 anni di Sanur (Jenin), e Muhammad Nimr , 37 anni – sono stati uccisi ieri. In un almeno caso, dicono le immagini riprese da una telecamera di sorveglianza, l’agente israeliano preso di mira avrebbe potuto sparare alle gambe e non uccidere il palestinese con un coltello in mano ma distante di due-tre metri da lui. A Pisgat Zeev due ragazzini di 13 e 12 anni hanno tentato di imitare Ahmad Manasra che il mese scorso, assieme al cugino 15enne, ferì gravemente un ragazzo israeliano e, in modo leggero, un giovane prima dell’intervento della polizia (il cugino fu ucciso). Uno dei due ragazzi è stato ferito gravemente a colpi d’arma da fuoco. Dal primo ottobre sono stati uccisi almeno 80 palestinesi.

 

Manasra è destinato a diventare un caso. Ora sono due i video che lo vedono, suo malgrado, protagonista. Nel primo il ragazzo è stato appena bloccato dopo le aggressioni compiute il 12 ottobre a Pisgat Zeev assieme al cugino. È a terra ferito e sanguinante dopo essere stato investito da macchina e intorno la folla inferocita gli urla «Crepa…figlio di p…» ed esorta la polizia ad ucciderlo. Nel secondo, ottenuto dall’agenzia palestinese Maan e da ieri virale, il tredicenne viene interrogato. Nel filmato si vede il responsabile dell’interrogatorio urlare ed inveire contro di lui. Manasra ammette di essere il ragazzo che appare nelle immagini riprese da una telecamera di sorveglianza che mostrano le fasi dell’accoltellamento del ragazzino israeliano. Ma ripete tra le lacrime di non ricordare il fatto di cui è accusato e chiede invano l’intervento di un dottore. Implora il detective di credergli e aggiunge di «essersi svegliato il giorno dopo non sapendo cosa fosse accaduto» ma l’investogatore israeliano lo accusa, sempre urlando, di «essere un bugiardo». Per i palestinesi quell’interrogatorio, avvenuto nei giorni scorsi, è una grave forma di «tortura psicologia» contro un ragazzino di 13 anni. Il mese scorso Manasra si era trovato al centro di polemiche fra Israele e Anp dopo che il presidente Abu Mazen aveva erroneamente accusato Israele di averlo ucciso a freddo. Un passo falso subito usato dal premier Netanyahu per accusare Abu Mazen e i palestinesi di diffondere notizie false e incitare alla violenza.

 

Ieri in Tribunale Manasra si è dichiarato non colpevole e il suo avvocato, Lea Tzemel, ha detto ai giudici che il ragazzo palestinese non intendeva uccidere ma solo spaventare gli israeliani, in risposta alle minacce alla Spianata delle moschee di Gerusalemme. Ieri è stato ufficialmente incriminato del tentato omicidio dei due israeliani ma non è ancora chiaro se la sentenza della corte israeliana arriverà prima del suo quattordicesimo compleanno a gennaio, età dalla quale si è considerati responsabili penalmente, quindi punibili con il carcere.

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Guarda il video dell’interrogatorio (Maannews)