Le province calabresi e campane presentano i valori più elevati di Ipco – l’Indice di permeabilità alla criminalità organizzata. È il risultato della ricerca Eurispes realizzata d’intesa con la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo. Si tratta di uno strumento che permette di misurare vulnerabilità e appetibilità dei territori, cioè la potenziale infiltrazione della criminalità, ma non la sua effettiva presenza, utilizzando 19 indici che poggiano su 163 variabili.

LE PRIME DUE PROVINCE in base all’Ipco sono Crotone e Vibo Valencia, con valori di 108,62 e 107,29; la terza è Napoli (106,89) seguita da Reggio Calabria (106,88). Tutte le altre province hanno valori distanti. Emerge «una polarizzazione geografica della permeabilità tra Nord e Sud d’Italia. I numeri più alti sono nel Mezzogiorno, mentre nel Nord-Est si trovano i più bassi. I valori, inoltre, sono localmente concentrati: province confinanti tendono ad avere valori simili». Il fenomeno è però diffuso su tutto il territorio nazionale: «Non esistono, di fatto, zone di non permeabilità – si legge nel report – mentre le aree più esposte coincidono sostanzialmente con quelle dell’arretratezza economica e sociale».

IL PRESIDENTE EURISPES, Gian Maria Fara, spiega: «Al Sud la vulnerabilità è principalmente dovuta a forme di fragilità economico-sociali, che spingono i gruppi criminali a forme più tradizionali di controllo del territorio. Nelle province del Nord la vulnerabilità è più legata al mondo produttivo, dove i gruppi criminali possono infiltrarsi in virtù della forza finanziaria ottenuta attraverso proventi illeciti». Infiltrandosi nei tessuti produttivi legali, la criminalità organizzata mimetizza le proprie condotte rendendo più difficile distinguere tra legale e illegale: «Ciò avviene tanto per i processi produttivi, quanto per le risorse usate e per le forme organizzative e di competizione – prosegue Fara -, con grave danno delle realtà imprenditoriali più virtuose, della credibilità di un intero sistema economico, della fiducia nella sua struttura finanziaria».

I PRIMI DIECI POSTI della «classifica» sono occupati da tre province calabresi, tre campane (Caserta quinta e Benevento decima), due pugliesi (Foggia settima e Barletta-Andria-Trani nona), una siciliana (Caltanissetta sesta). All’ottavo posto l’unica provincia del Nord, Imperia. Nella fascia «medio alta» si affacciano le altre province del Centro Nord: Roma 36sima, Genova 41sima, Milano 48sima, Torino 51sima, Bologna 78sima e Venezia 80sima. Su base regionale, l’Ipco più altro è in Calabria (112.91) seguita da Campania (109.16), Sicilia (107.82), Puglia (106.78), Molise (106.29), Liguria (105.32). I territori meno esposti alle mafie si trovano in Lombardia e Friuli Venezia Giulia.

SECONDO I RICERCATORI c’è stata «una generale crescita della resistenza alla criminalità organizzata», fanno eccezione la provincia di Roma (il cui livello di permeabilità è cresciuto di 3,28 punti, salendo in graduatoria di 44 posizioni) e la provincia di Milano, il cui livello è cresciuto di 2,57, in ascesa di 39 posizioni (la crescita più elevata). Altre province che mostrano valori in crescita sono Chieti, Siracusa e Messina. Un dato allarmante in epoca di pandemia poiché secondo Eurispes esiste «una correlazione positiva fra la permeabilità e il manifestarsi di crisi economico-finanziarie nazionali e internazionali». Alberto Mattiacci, presidente del Comitato scientifico Eurispes: «Se fossimo in presenza di territori in salute ci sarebbe una maggiore resistenza alle infiltrazioni della criminalità organizzata quando c’è una crisi».

GLI AMBITI a maggior penetrabilità sono stati: agricoltura; banche, servizi, industria, costruzioni. E ancora: tessuto imprenditoriale; sistema dei pagamenti; mercato immobiliare; finanza non convenzionale. Infine: povertà; mercato del lavoro; qualità delle Istituzioni. Al Sud hanno un impatto più forte gli indicatori della povertà, del mercato del lavoro e quello dell’inadeguatezza delle Istituzioni. Gli indicatori sulle banche, sui servizi e quello sulle condizioni finanziarie delle famiglie hanno invece una debole connotazione geografica. Il procuratore nazionale Antimafia, Federico Cafiero de Raho: «Non è l’arretratezza socioeconomica che genera le mafie, ma sono le mafie che causano l’arretratezza, rallentando e ostacolando il paese».