Dario se n’è andato a trovare Franca, ma accanto a loro lì nel famedio del cimitero monumentale di Milano, ci sono anche Enzo Jannacci e Franco Parenti. Sicuramente staranno organizzando qualcosa di irresistibile perché non sono persone che rimangono con le mani in mano. Dove si trovano sapranno fare ancora grande teatro, mentre da questa parte, dove ci ritroviamo noi, troppi personaggi noti fanno teatrino. Ognuno vuole dire la sua su Dario. Corredando con sottili o grossolani distinguo. Soprattutto quelli che vorrebbero separare l’artista dall’uomo, come se le due cose non fossero una sola. Questo è stato il fascino trascinante, il talento inarrivabile di Dario: il partire sempre a testa bassa per difendere la scelta fatta in difesa dei più indifesi. Senza guardare in faccia nessuno, se non per dare una mano o un sorriso ai meno fortunati facendosi beffe, sempre e comunque dei potenti e dei potentati. Come tutti anche Dario avrà fatto scelte sbagliate, ma non le ha mai fatte per opportunismo, per tornaconto o peggio ancora per conformismo. E oggi lo si celebra. Tutti. Cantando l’Internazionale insieme a Stringimi forte i polsi, a riprova del fatto che Dario era tutto questo, senza contraddizione.

Chi lo saluta con il pugno chiuso, chi ricorda un aneddoto personale, chi rievoca la generosità umana nell’ascolto, chi la generosità nel fiondarsi sempre in nuove avventure artistiche, spesso senza rete di protezione, chi ne canta una canzone ironica mentre altri si lanciano nell’iconica Bella ciao. Dario sicuramente sapeva quel che sarebbe successo. Perché inevitabile, certo, ma ha voluto che questo momento in cui la sua presenza è prepotente quanto la sua assenza ci fosse una regia, quindi quella canzone, quindi l’amico Carlin, oltre naturalmente al figlio Jacopo. Forse però sta già sghignazzando perché non poteva prevedere che accanto al suo feretro ci fossero due carabinieri in alta uniforme. Ufficialmente a presidio della corona del presidente della repubblica, ma l’immagine sembra uscire pari pari da Pinocchio.

Come se ci fosse qualche timore che dopo morto Dario potesse combinarne ancora qualcuna delle sue e allora ecco lì a fianco della bara i due carabinieri col pennacchio. Senza divisa invece gli uomini della Digos, disseminati ovunque per timore di gesti sconsiderati durante il funerale, ora si ritroveranno un po’ più disoccupati. Chissà che ne faranno degli infiniti dossier accumulati nel corso degli anni sulle attività “sovversive” di Dario e Franca. Lui avrebbe saputo farne uno spettacolo dai toni graffianti.

Per questo alla fine l’ultimo saluto più bello e sentito è davvero quello della gente comune. Quelli che non fanno accendere le telecamere durante la visita alla camera ardente. Sono le persone che, nonostante l’acqua dispettosa e copiosa, hanno voluto esserci, magari sotto l’ombrello, magari cantando o in silenzio. Ultimi eredi di quelli che erano andati in piazza sant’Ambrogio a Milano per vedere prete Liprando, ben visto dai poveri cristi, che sfidava il giudizio di dio dopo avere accusato il vescovo di ladrocinio.

Oggi la piazza era quella del Duomo, Dario non doveva sfidare il vescovo, solo i capricci di un prete geloso del sagrato, soprattutto si è senza dubbio già salvato senza dover affrontare i carboni ardenti del giudizio di dio.
Chissà come avrebbe commentato questa sua ultima regia? Da parte nostra lo salutiamo come grande amico che abbiamo incrociato e apprezzato un sacco di volte nel corso degli anni e gli ribadiamo il nostro “ciaooo”.