Interessante l’articolo di Aldo Garzia pubblicato venerdì sul manifesto. Sicuramente un passo in avanti rispetto agli interventi degli ultimi tempi, che fra divagazioni sulla «isocrazia» e aperture all’improbabile «Equologica» si sono trascinati senza cogliere mai il punto politico: la scomparsa della sinistra italiana e la necessità di rifondarla.

Garzia ironizza su quanti, da Alfonso Gianni ad Aldo Carra, sollevano periodicamente il tema del partito e ricorda loro che se la sinistra oggi è scomparsa ciò «non è frutto del destino cinico e baro». Dopo di che enumera una serie di cause a suo dire della sconfitta: la «mutata composizione di classe della società», il dilagare dell’informazione digitale, la crisi delle ideologie e «dell’organizzazione novecentesca in partito» ecc. Detto che tutte queste cose messe insieme fanno giusto «un destino cinico e baro», comunque non possono costituire una buona ragione per lasciare la sinistra italiana nello stato in cui giace. Proprio perché non siamo vittime dell’ineluttabile bisogna reagire, tornare a individuare interlocutori, referenti sociali, progetti, strategie, forme di organizzazione. Fare politica.

Ma c’è a mio avviso anche dell’altro. Tanto poco siamo vittime del destino, che ritengo che le cause della nostra crisi non siano oggettive, ma soprattutto soggettive. Cioè frutto di precise scelte politiche. Nell’ordine: quando nasce un PD come partito della nazione, dunque senza nessun più aggancio a sinistra (né comunista, né socialista, né europea), quando Bertinotti teorizza il partito-movimento, quando Vendola dice «non voglio un partito ma riaprire la partita». Siamo rimasti schiacciati dalla morsa di queste subculture antipolitiche e antipartitiche e dalle relative scelte di schieramento. Le colpe sono facilmente soggettivabili. Nomi e cognomi, congressi inutili ed elezioni perse.

Non serve prendersela con la «mutata composizione di classe», perché questa c’è stata anche negli altri grandi paesi, ma in nessuno di essi la sinistra è scomparsa. I partiti socialisti hanno subito gravi sconfitte in questi decenni, ma di nuovo per ragioni di scelte politiche, strategiche (i laburisti con la Terza Via, l’SPD vent’anni con la Merkel ecc.), ma appunto non sono scomparsi (il PSOE è in ripresa, la Linke comunque regge).

Che fare? Personalmente tutte le volte che mi cimento con il tema partito della sinistra italiana cito immancabilmente l’articolo 49 della Costituzione. Quello sul quale invece i molti che intervengono sul tema glissano invece regolarmente. Lì c’è tutto: la via da seguire e il perché seguirla.

Non sto a ripetere, ma certo che crisi della democrazia, crisi della Costituzione e crisi della sinistra sono indistricabilmente connessi. Se rimetteremo mano ad un partito della sinistra faremo anche l’interesse della nostra democrazia. Da ultimo Garzia conclude, un po’ contraddittoriamente con le sue premesse, richiamando il Gramsci del «partito intellettuale collettivo». Ma quella è una formulazione che presuppone una idea forte, se non fortissima, di partito. Proprio quella che Garzia dava per superata essendo cambiato il mondo.

Ben venga comunque l’appello finale a trovare «casa politica» alla sinistra italiana. Che poi nel nome del nuovo partito debbano comparire idee-guida come socialismo ed ecologia è qualcosa che si può senz’altro condividere.