Nell’ormai estenuante balletto di cifre sui mirabolanti risultati del Jobs act entra in gioco anche l’Inps. Se fino al mese scorso il teatrino della propaganda era composto solo da ministero del Lavoro – che anticipava i dati sulle nuove attivazioni di contratti – poi puntualmente smentiti dall’Istat che certificava l’aumento della disoccupazione, da ieri anche Tito Boeri ha deciso di far sentire la sua voce.

Aumentando il coro governativo, il neo presidente dell’Insp ha inaugurato un nuovo strumento dal titolo roboante: «Osservatorio sul precariato». E se i dati di gennaio e febbraio avevano avuto poca eco, ecco che con marzo si può tracciare un bilancio trimestrale. E il bilancio – come cinguetta Boeri su twitter – per l’Inps è assai positivo: «Il lavoro che cresce è più stabile. Non solo grazie alla decontribuzione ma anche al contratto a tutele crescenti».

I numeri sono questi: rispetto al corrispondente periodo del 2014, le assunzioni a tempo indeterminato crescono (+91.277), mentre diminuiscono i contratti a termine (-32.117) e le assunzioni in apprendistato (-9.188). Nel periodo considerato l’aumento complessivo delle nuove assunzioni è di 49.972 unità. Nei primi tre mesi del 2015 le nuove assunzioni a tempo indeterminato sono state 470.785, il 24,1 per cento in più rispetto all’analogo periodo del 2014: una percentuale neanche troppo alta, considerati gli 8 mila euro di incentivi governativi.

Le trasformazioni a tempo indeterminato di rapporti a termine, comprese le “trasformazioni” degli apprendisti, sono state 149.041 (l’incremento rispetto allo stesso periodo del 2014 è del 5 per cento). Pertanto, la quota di assunzioni con rapporti stabili è passata dal 36,61 per cento del primo trimestre del 2014 al 41,84 per cento del primo trimestre del 2015.

In realtà se al dato sulle attivazioni (470.785) sottraiamo quello sulle cessazioni dei contratti (416.675) il dato reale di nuovi contratti è di solo 54mila. Numero senz’altro positivo ma che – come detto – lo era già stato nei mesi scorsi prima della doccia gelata dell’Istat. Che a differenza di Inps e ministero del Lavoro certifica l’occupazione. E non il numero dei contratti.

Forti dell’endorsement dell’economista bocconiano ed ex editorialista di Repubblica, il governo gonfia il petto. Matteo Renzi affida alla pagina Facebook il commento: «I dati ci dicono che la strada da percorrere è ancora lunga, ma la macchina finalmente è ripartita: dopo cinque anni di crollo costante, tornano a crescere gli occupati». Continuando a confondere numero dei contratti e posti di lavoro.

Di tutt’altro tono la lettura dei sindacati. «Non ci troviamo di fronte ad una vera svolta, ma ad un grande regalo alle imprese e a meno diritti per i lavoratori – commenta il segretario confederale della Cgil Serena Sorrentino – . Il saldo netto non è una “vera svolta”, considerando anche che i dati si riferiscono ai mesi in cui ha vigenza l’esonero contributivo della legge di stabilità e non il Jobs act». Per Sorrentino «non occorreva, dunque, cancellare diritti per far aumentare il tempo indeterminato», che poi si chiede «se basteranno i soldi e se le imprese che beneficiano di questo “doping” renderanno veramente stabili questi rapporti di lavoro o se finito l’incentivo torneranno a licenziare, visto che il governo non li ha resi selettivi».

Critica anche la Uil. «Nelle oscillazioni continue di cifre e percentuali, oggi è il giorno dell’ottimismo – dice il segretario generale Carmelo Barbagallo – . Se i dati odierni sull’occupazione fossero confermati pure dall’Istat, anche noi ne saremmo contenti. La trasformazione da tempo determinato a tempo indeterminato è un fatto positivo, ma questo percorso è stato costruito con una riduzione delle tutele. Noi ci proponiamo di utilizzare i prossimi rinnovi contrattuali per attenuare questo rapporto di forza favorevole, ora, solo agli imprenditori».