[ACM_2]«D[/ACM_2]al trattato di Maastricht, l’Unione europea è diventato un potere neoliberale, militarista e antidemocratico, che a partire dal 2008 ha contribuito a causare una delle maggiori crisi economiche degli ultimi 100 anni».
Così cominciava la prima versione del programma con il quale la Linke intendeva presentarsi agli elettori tedeschi alle europee del prossimo 25 maggio 2014: una frase che aveva suscitato parecchi malumori, perché giudicata da larghi settori del partito pericolosamente «antieuropea».
Al di là del testo, le critiche sollevate in primis dal capogruppo al Bundestag e leader storico Gregor Gysi, avevano preso di mira la filosofia che ne è sottesa, ovvero l’interpretazione di fondo del significato dell’Unione europea come progetto specificamente politico: «noi internazionalisti di sinistra non possiamo trasmettere l’idea di essere contro l’Europa unita», era stato il succo del ragionamento espresso da Gysi.
Una presa di posizione cha ha sortito effetti palesi: nel documento che verrà posto in votazione al congresso che si apre oggi ad Amburgo, quella frase infatti è stata eliminata.
Le accuse all’Europa «reale» rimangono nella loro interezza, ma vengono ridimensionati i rischi reali ai quali la Linke si sarebbe esposta – secondo l’ala che fa riferimento a Gysi e alla co-segretaria Katja Kipping – se avesse adottato un testo in odore di eurofobia.
«Non dobbiamo confonderci con i populisti di destra di Alternative für Deutschland», ripetono i dirigenti chiamati, nel gergo della stampa tedesca, i «pragmatici», quasi tutti appartenenti ai Länder orientali.
L’anima più radicale del partito, il cui nume tutelare resta Oskar Lafontaine ed ora è guidata dalla carismatica Sahra Wagenknecht, ha accettato le modifiche: l’esito delle assise di Amburgo sarà dunque unitario.
La due giorni congressuale che si apre oggi prevede che i delegati si esprimano sul programma e scelgano la lista dei candidati: riconfermata come numero uno l’eurodeputata uscente Gabi Zimmer, attuale presidente del Gue, il gruppo della Sinistra unitaria a Strasburgo.
Domani prenderà la parola Alexis Tsipras, leader della greca Syriza e candidato al vertice della Commissione europea dal Partito della Sinistra europea, di cui la Linke è l’organizzazione nazionale con maggiore peso.
I sondaggi più recenti le attribuiscono l’8%, appena al di sotto del risultato delle politiche dello scorso settembre: obiettivo dichiarato della dirigenza è di confermare l’8,6% di cinque mesi fa, se possibile vincendo il «derby» delle opposizioni con i Verdi, che nella sfida elettorale saranno guidati dall’ex portavoce di Attac Germania Sven Giegold.
Tra i punti qualificanti del programma che verrà approvato domani ad Amburgo la richiesta di modifica dei trattati «costituzionali» della Ue: alla centralità della libera circolazione dei capitali e del principio di competitività deve sostituirsi quella dei diritti sociali.
E contro il deficit democratico – denunciato anche da socialisti e verdi – va introdotto l’obbligo di referendum, a livello comunitario, su ogni trattato.
Dalla Linke giungono anche critiche durissime alla gestione della crisi dell’euro da parte della troika (Commissione, Banca centrale europea, Fondo monetario internazionale): i risultati dell’austerità nei Paesi della periferia sono «il calo della produttività, l’aumento del debito e l’esplosione della disoccupazione, soprattutto giovanile».