Un collegio lontano dagli occhi del mondo e di Dio per addestrare la classe dirigente del futuro. Per il suo esordio Andrea De Sica, figlio del compianto Manuel, sceglie un terreno fertile di suggestioni che il cinema inglese, da Lindsay Anderson a Peter Medak, da Franc Roddam a Marek Kanievska, ha eretto a vero e proprio genere. Un’operazione non facile, dunque, considerato che il film volta le spalle al realismo e al naturalismo della grande maggioranza della produzione italiana contemporanea per affrontare, se si vuole, una sfida davvero insolita. I primi minuti, però, sono i più ardui. I dialoghi risultano a tratti rigidi, declamati.

Poi il racconto inevitabilmente attrae nelle sue spire evitando di rincorrere gli stereotipi del film da collegio anche se non mancano né bulli e riti iniziatici né tantomeno fantasmi. Il motivo dunque per cui questo romanzo di formazione al contrario, questa iniziazione al male convince dipende grandemente dal piacere evidente con il quale il giovane De Sica lavora la materia filmica.

Le fughe nella neve come le lunghe passeggiate per i corridoi, ma anche lo smarrimento sensoriale nel club sperduto nei boschi come una casa di Fata Piumetta, dicono di un cineasta che si affida alla tattilità del filmare trascurando i legacci della sceneggiatura (splendido l’utilizzo di Ti sento dei Matia Bazar). Il dichiarato anti naturalismo del film, con il suo accogliere elementi fantastici senza premurarsi di offrire spiegazioni o dare seguito alle suggestioni più di genere, sono il segno di un volere giocare a tutto campo senza stare a badare a regole più o meno scritte tentando di trovare così una propria autonomia espressiva.

Nonostante disequilibri evidenti nella struttura del racconto, è la generosità e la caparbietà nel volere fare qualcosa di altro a convincere. I figli della notte s’inscrive dunque nel processo rigenerativo del cinema italiano di questi ultimi tempi e lo fa manifestando una personalità aliena e a suo modo audace. L’esordio di Andrea De Sica merita attenzione perché non è il «solito cinema italiano (qualunque cosa questa triste etichetta voglia dire) e dichiara che è in atto un processo di reinvenzione assolutamente originale e motivato. Ed è questa disponibilità al rischio e alla rinuncia dei percorsi abituali a permettere di guardare al futuro del giovane De Sica con fiducia. D’altronde è la medesima fiducia nel cinema che traspare nei migliori momenti de I figli della notte.