«Ho una domanda, sono una freelance». «Prima le testate». Il botta e risposta tra una giornalista precaria e il segretario generale della federazione nazionale della Stampa Franco Siddi ha scatenato una bufera ieri in una conferenza stampa convocata per presentare il protocollo d’intesa sul lavoro giornalistico tra editori, sindacato giornalisti e il governo. Da giorni Siddi è bersagliato dalle critiche sull’intesa raggiunta sull’equo compenso per i giornalisti freelance. Il rinnovo del nuovo contratto nazionale dei giornalisti ha fissato in 250 euro lordi la retribuzione mensile per un collaboratore.

Per il sindacato è una retribuzione equa. Per i freelance è all’opposto un’«iniquo compenso». E non solo per loro, visto che tre esponenti sindacali membri della giunta non hanno firmato l’intesa e le associazioni della stampa dell’Emilia Romagna e della Toscana si sono espresse molto negativamente. L’hashtag #siddivergogna ieri ha spopolato su twitter bersagliando l’Fnsi e annunciando una manifestazione dei freelance martedì 8 luglio alle 10 in corso vittorio Emanuele a Roma.Siddi ha risposto per le rime su twitter: «Ho fatto anche un’analisi dei centinaia di tweet contro il contratto e ho scoperto che l’80% non è stato scritto da giornalisti ma da chi aspira ad esserlo ma fa lavori molto diversi». Le controrisposte non sono mancate. Nel frattempo, in conferenza stampa, al momento delle domande, ieri la tensione è esplosa.

In un’intervista rilasciata all’Huffington Post, Siddi sostiene che il compenso è stato ottenuto dopo una lunga trattativa – venti euro lordi- è il doppio del compenso stabilito in media dagli Ordini regionali per ciascuno dei cinquanta articoli richiesti agli aspiranti pubblicisti: undici euro. A suo avviso si poteva fare di più, ma le trattative hanno portato a questo risultato. Il segno di un cambiamento sarebbe quello di avere inserito per la prima volta in un contratto nazionale un capitolo dedicato ai freelance ai quali vengono garantiti il diritto di firma e l’assicurazione contro gli infortuni. La sua comprensione va ai precari a cui consiglia «di allearsi con il sindacato per ottenere un vero contratto, magari con l’aiuto dei loro colleghi in redazione». Respinge le accuse di chi lo critica da «dentro»: «strumentalizzano l’accordo in vista del congresso tra sei mesi». Per Siddi, gli editori «volevano fare a pezzi il contratto nazionale e invece siamo riusciti a tenerlo in piedi nonostante tutto».

Realtà opposta per i precari. Per loro l’accordo non è migliorativo della condizione attuale di iper-sfruttamento ma è piuttosto la fotografia dell’esistente. La conferma viene da un comunicato unitario siglato da Felsa Cisl, NIdil Cgil e Uil Tem.p@ secondo i quali «l’equo compenso cela sfruttamento legalizzato – Si tratta di cifre ben al di sotto dei minimi stabiliti da qualsiasi contratto collettivo nazionale, e, dunque, in contrasto con quanto stabilito nella legge 92/12, secondo la quale la retribuzione minima dei collaboratori deve corrispondere con quanto stabilito dalla contrattazione per i lavoratori dipendenti. Il tariffario minimo per autonomi e precari che lede la dignità dei lavoratori, il principio di equità e lo stesso diritto all’informazione». Una presa di posizione a favore della battaglia dei coordinamenti dei freelance che sostengono una petizione indirizzata al sottosegretario Luca Lotti. Si chiede il ritiro della delibera attuativa della legge sull’equo compenso. L’obiettivo è garantire un compenso realmente equo e dignitoso.

Un commento dettagliato dell’associazione XX maggio ha approfondito la natura dell’accordo. La platea dei giornalisti a cui si applica vale solo per gli editori che ricevono finanziamenti pubblici, l’Fnsi (sindacato dei giornalisti) e la Fieg (Editori). La platea è stata ulteriormente ristretta ai giornalisti con contratti di collaborazione coordinata e continuativa 1600 battute (12 articoli mensili da 1600 battute nei quotidiani, 45 pezzi di almeno 1800 battute nei periodici e almeno un articolo di 7000 battute ogni numero per i mensili. In questo caso percepiranno 20,84 euro a pezzo pari a 250€ al mese. L’equo compenso non si applica a chi ha un reddito inferiore ai tremila euro annui, cioè a coloro che lavorano «a pezzo» in una giungla deregolamentata. «Un corposo sostegno agli editori ma non ai giornalisti precari» commenta l’associazione.

Questa segmentazione del mercato del lavoro prosegue anche verso l’alto. Il contratto crea la figura dell’apprendista, rivolta ai praticanti giornalisti dai 18 ai 29 anni per 36 mesi. È come il contratto a termine di Poletti: non ha causale, il giovane può essere licenziato senza motivazione, i suoi rinovi possono essere infiniti. Senza certezza di essere assunti alla fine dei 3 anni. «È un piccolo Jobs Act» ha commentato Lotti secondo il quale è in arrivo nuova occupazione nei media italiani.