Alle 16 di ieri arriva la marcia indietro dell’Osservatio vesuviano: l’epicentro del sisma di Ischia di lunedì scorso non è più in mare, a 3 chilometri dalla costa, ma sotto Casamicciola, proprio come nel 1883, con una velocità di scuotimento del suolo di quasi 18 centimetri al secondo. Il dato è illustrato con un’immagine, ci sono i numeri, ma nessuna spiegazione. Le correzioni da lunedì notte non si contano più: la prima magnitudo diffusa è stata del 3,6 poi corretta a 4; l’epicentro è stato collocato a 10 chilometri di profondità e poi a 5; a 2,5 chilometri dalla costa e poi a 3. L’unico dato che è rimasto stabile è la magnitudo 4: da ieri il sisma è a una profondità di 1,7 chilometri (quindi molto più superficiale) e sotto la terra ferma.

A cosa è dovuta questa lunga catena di correzioni? Se si chiede ai ricercatori, la risposta è complessa: per Ischia è stata utilizzata la rete di centraline, ce ne sono un paio sull’isola, nessuna in mare, il resto sulla costa. Quelle in sito, essendo troppo vicine all’epicentro, si sono saturate. Per avere dati precisi, scriveva ieri l’Ingv alla commissione Grandi rischi della Protezione civile, «i terremoti in zone vulcaniche richiedono modelli di velocità specifici. Modelli disponibili per l’area vesuviana ed etnea, ma non per Ischia perché, per essere messi a punto, deve essere utilizzata la sismicità locale stessa». Ma a Ischia «dal 1999 ci sono stati in media meno di 5 terremoti l’anno (di magnitudo inferiore a 2.5), insufficienti per elaborare un modello affidabile». I sismologi dell’Ingv hanno quindi affinato la localizzazione con modelli prototipali fino al risultato di ieri. Questa la nota ufficiale. A microfoni spenti qualche ricercatore ammette che i dati non tornavano, gli indizi indicavano un epicentro sotto Casamicciola, occorreva mandare subito qualcuno in loco e, intanto, maggiore prudenza negli annunci.

Sul manifesto di mercoledì Franco Ortolani aveva messo in dubbio i dati dell’Ingv: secondo l’ordinario di geologia, l’origine non era in mare ma sotto Casamicciola. Sul Mattino di ieri Giuseppe Luongo, ex direttore dell’Osservatorio Vesuviano, ha dichiarato: «L’epicentro è a una profondità di 1 o 2 chilometri; localizzato a Casamicciola, sotto piazza Maio». Spiega Ortolani: «A Lacco Ameno e Casamicciola ci sono delle fratture sul suolo non imputabili a frane ma, con buona probabilità, al movimento delle rocce per scuotimento, dovuto all’attivazione della struttura sismogenica, tipico di zone colpite in verticale e cioè zone che si trovano sopra la faglia. L’origine del sisma non può essere in mare: lungo la fascia costiera gli effetti sui manufatti sono stati meno o per niente significativi». E ancora: «La struttura sismogenetica è a poca profondità, le sollecitazioni ondulatorie e sussultorie colpiscono quasi simultaneamente la superficie, quindi ci vogliono tecniche più efficaci del solito per mettere in sicurezza i manufatti, che già sono di scarsa qualità». Infine, sulla marcia indietro di ieri, ha aggiunto: «L’Osservatorio vesuviano ha sbagliato ma il presidente dell’Ingv, Carlo Doglioni, che è professore di geologia strutturale, doveva accorgersene, c’erano motivi evidentissimi. L’istituto è il riferimento della Protezione civile, avrebbero dovuto essere più seri invece di andare in Tv».

In un territorio così a rischio, Ischia geotermia srl ha presentato un progetto per una centrale geotermica a Serrara Fontana: due pozzi di estrazione e un terzo per iniettare i fluidi in pressione nel sottosuolo. La società ha commissionato nel 2016 la relazione scientifica all’Ingv, costo 30 mila euro. «La relazione – conclude Ortolani – ha certificato che c’era un rischio di sismicità indotta di magnitudo intorno a 2,4 ma era un rischio accettabile».
Intanto, la procura di Napoli indaga per crollo e omicidio colposi. I carabinieri hanno sequestrato richieste di sanatoria, planimetrie, documentazione edilizia, ordinanze di sgombero e sequestro. Su 11 scuole, solo una è agibile. Si è saputo ieri che il sindaco di Casamicciola è sotto processo per presunti abusi edilizi. Il vescovo Lagnese: «L’abusivismo non è la causa dei crolli».