Deragliamenti, innesti, approfondimenti per provocare «Oscillazioni». Con questo titolo Teatri di vetro arriva a India, snodandosi nelle sue sale con spettacoli di formati e linguaggi diversi e contrastanti tra loro, nel tentativo di seguire il processo creativo degli artisti invitati a questa tredicesima edizione.Nato nel momento di massima felicità e coinvolgimento di un ente locale nel tessuto culturale del suo territorio, la Provincia di Roma con Vincenzo Vita assessore alla Cultura, questo festival raccoglieva il grande fermento teatrale romano a cavallo e degli anni Zero del nuovo secolo.

LA COMPAGNIA Triangolo scaleno teatro con la sua direttrice Roberta Nicolai iniziava al teatro Palladium, e si spandeva nei lotti della Garbatella, un percorso cittadino di esposizione della quasi totalità delle sue esperienze teatrali. Poi, in parallelo al prosciugamento culturale della città, Teatri di vetro è andato a guardare anche fuori dai confini laziali, pescando lavori frazionati e incompleti, per osservarne gesto e parola poetica fino ai discorsi più prosaici. Nel programma 2019 (fino al 22 dicembre) stuzzicante è Avanti, tempo di Menoventi, dialogo di avvicinamento al nuovo spettacolo, tratto da Il defunto odiava i pettegolezzi, romanzo-indagine di Serena Vitale sulla morte di Majakovskij, con protagonista la stessa autrice e Fabio Ortolani, fisico teorico che spiega la relatività dello scorrere del tempo.

ANTICIPATO dalle grandi fotografie proiettate nel foyer, Clorofilla accoglie gli spettatori con il corpo di Alessandra Cristiani raggomitolato sul lungo tappeto bianco che la stessa danzatrice butu attraversa rotolando lentamente per venti minuti. Le luci di Gianni Staropoli ne fanno una marmorea non-carne ipnotizzante e, nonostante la distanza ravvicinata, generante una barriera plastica che introietta in ciascuno quella visione di eccezionale bellezza. Accompagnata dalla profondità vocale di Marcello Sambati, che alterna sillabazioni gutturali a parole-effigi schiaccianti, Cristiani si lancia poi in scatti frenetici, scosse di pensiero concatenate in un flusso vitale, fino al buio assoluto e a ritrovare quel corpo lontano, adagiato su una sorta di ara rituale.
All’opposto il rito di Bartolini/Baronio è corale, anche in questo Lei dimora nel canto, conversazione che parte dal racconto di Kafka Josefine, la cantante ovvero il popolo dei topi per condividere la vita privata delle persone invitate a parlare del nostro presente.