L’hanno fatto, lo fanno. E continueranno a farlo, zigzagando fra le pieghe di una nuova legge. Che loro stessi hanno scritto. Più o meno resterà tutto uguale.

E così non cambierà la condizione di chi tutto questo lo subisce: i migranti che provano ad attraversare la Manica. Dalla Francia. E una volta sul suolo inglese, a quelle persone, a quelle famiglie – che vengono dall’Africa, dalle zone di guerra del Medio Oriente, dall’Afghanistan – viene sequestrato il cellulare.

Sequestrato ed ispezionato dal primo all’ultimo file. E in molti casi, non viene restituito: “Ci dispiace, è andato perso”. Distruggendo le “carte” e i documenti di chi prova a chiedere asilo, distruggendo la possibilità di restare in contatto con i propri familiari. Di avere un rapporto con le organizzazioni che si occupano di loro.

Che gli agenti di frontiera inglese l’abbiano fatto – in violazione a qualsiasi norma internazionale – ormai è accertato. E’ di poche settimane fa, un’inchiesta di Byline Times, che ha rivelato, con certosina precisione, settemila e 167 casi di abusi. Solo in un anno e mezzo. Dati che il ministero è stato costretto ad ammettere.

Sono numeri pazzeschi, considerato che la rotta attraverso la Manica – anche stando alle statistiche fornite dalla superfalco ministra dell’Interno, Priti Patel – nel 2020 è stata percorsa da ottomila e cinquecento persone. Numeri insignificanti rispetto alle altre “rotte”.

Quindi a quasi tutti i migranti, appena riuscivano a mettere piede sul suolo inglese – un viaggio considerato pericoloso tanto se non più di quello attraverso il Mediterraneo, perché spesso si fa nascondendosi fra i semiassi dei camion – gli agenti imponevano “la consegna” dei cellulari.

Di più: la polizia spiegava ai migranti appena sbarcati che avrebbero dovuto fornire anche le password e i codici di sicurezza per sbloccarli. “Non fornirli costituisce reato”, sostenevano. Cosa assolutamente inventata.

Una pratica che comunque serviva agli agenti solo per sveltire il proprio lavoro. Perché è dal luglio del 2019 – come risulta dal portale del governo consultabile on line – che il ministero degli Interni inglese ha acquistato uno speciale software dalla svedese MSAB. Software che, come scrive lo stesso gruppo, consentirebbe di estrarre dati da qualsiasi cellulare, anche a personale “con una formazione minima”.

MSAB, dunque. Esattamente il gruppo che è finito sui media di tutto il mondo perché è uno di quelli che ha fornito alle forze di sicurezza del Myanmar la tecnologia per identificare chi protestava dopo il golpe militare.

L’hanno fatto, insomma. E lo fanno. Perché il reportage di Byline Times testimonia di tanti episodi ancora all’inizio di questa estate.

Lo faranno di nuovo? Con uno strano e sospetto tempismo, pochi giorni dopo l’inchiesta del sito – che neanche i media conservatori sono riusciti ad ignorare – il governo ha scritto le “linee guida” per regolare la materia. Lo ha fatto dentro la discussione sul Policing Bill, la “fetentissima serie di norme”, per usare l’espressione di Leonardo Clausi, che assegna un assoluto potere discrezionale alla polizia, anche riguardo alle manifestazioni di piazza ed introducendo vere e proprie norme razziste. In particolare contro i rom, ai quali potranno essere sequestrate tende e camper se trovate in spazi senza le autorizzazioni.

Una legge che per essere approvata definitivamente manca di un solo passaggio, alla camera dei Lord, anche se cresce un movimento di protesta, quello che già ad aprile invase le strade dell’intero paese. Incurante di tutto ciò, pochi giorni fa, il governo ha scritto il codice di condotta per le frontiere. Che sembra proprio in sintonia con la filosofia del Policing Bill. Perché a giudizio di tutte le associazioni, in particolare di Privacy International – sempre in prima fila proprio per i diritti dei migranti e che da anni denuncia la pratica delle “estrazioni forzate” – con quel testo cambierà poco o nulla.

Perché il potere di ispezione nei telefonini è addirittura allargato a tutti “i funzionari che si occupano di migrazione”. E’ vero che le norme ora stabiliscono che la consegna del telefonino dovrà avvenire su “base volontaria”. Ma è un’illusione linguistica: perché la polizia potrà comunque requisire il cellulare se – è scritto – potrà risultare utile alle indagini. E basta avanzare il sospetto verso qualcuno di aver favorito “l’immigrazione clandestina” per far saltare quella piccola protezione.

Di più: è facile capire che squilibrio si possa creare, al momento della richiesta – “mi dia il telefonino” – fra chi rappresenta lo Stato ed i tanti che arrivano, dopo viaggi devastanti e che spesso non conoscono neanche la lingua. Senza contare che le “linee guida” non indicano neanche che tipo di dati dovrebbero essere controllati.

La formulazione non fissa limiti, insomma. Così, chi dà il consenso non sa neanche a cosa l’ha dato.

L’ultima ma non certo in ordine di importanza: i funzionari e gli agenti alle frontiere – a detta di tutti gli osservatori – non hanno la preparazione professionale, oggi, per poter svolgere quel “lavoro” con un minimo di garanzia per i migranti.

Anche qui, l’inchiesta che ha scoperchiato lo scandalo, racconta di dati trasmessi senza alcuna protezione, dati che potrebbero essere tranquillamente sottratti e finire nelle mani di funzionari dei paesi dai quali le persone scappano. Con l’ulteriore preoccupazione, che il governo più a destra da molti decenni, ha appena annunciato di voler uscire dalle rigide regole europee sulla protezione dei dati. Ma questo è un altro discorso.

Resta la scarsa preparazione del personale e forse anche la mancanza di rispetto: visto che sono più di cento i casi di persone che non hanno più avuto indietro il proprio cellulare. Perso, irrimediabilmente perso. Come il caso di un migrante afghano che solo dopo sei mesi è riuscito a rimettersi in contatto con la moglie ed i figli, anche loro nel frattempo arrivati nel Regno Unito.

Ce n’è abbastanza, insomma, perché la deputata laburista Sarah Champion – che pure è parte di un partito che non ha proprio tutte le carte in regola, visto che in primavera, all’inizio della discussione parlamentare, il suo segretario Keir Starmer voleva addirittura astenersi sul Policing Bill,– ha finalmente parlato in aula: “Vediamo un preoccupante disprezzo per i diritti umani dei richiedenti asilo e dei migranti vulnerabili”.

Forse è l’annuncio di una vera opposizione alle leggi liberticide. Forse.