Siamo immersi in un universo di parole magiche, apparentemente affascinanti e persuasive, parole grimaldello, dispositivi semantici che aprono qualsiasi serratura e ci mostrano un mondo pieno di bellezza e di speranza. Queste parole sono: sostenibilità, partecipazione, meritocrazia, eccellenza e, ultima aggiunta, resilienza. Chi potrebbe mai dire che una cosa partecipata o sostenibile non sia per ciò stesso buona e lodevole? Come sosteneva un famoso economista è come chiedere com’è la torta della nonna; risposta: non può che essere buona, per definizione.

Parole contenitore che ciascuno può riempire a suo piacimento, con significati anche assai diversi e divergenti, usate sia a destra che a sinistra. Poi accade alla Normale di Pisa che alcune maturande ne svelino l’imbroglio e così tutti lodano le tre ragazze (si badi bene: ragazze e non ragazzi) per aver detto che il re è nudo cosa che tutti (o quasi) sapevano ma non osavano criticare apertamente il pensiero mainstream delle istituzioni.

Prendiamo la resilienza, parola importata dalla scienza dei materiali e definita come la capacità di un materiale di assorbire un urto senza rompersi. Concetto poi assunto dalla psicologia dove essa diventa la capacità di far fronte in maniera positiva ad eventi traumatici. Ma quali sono questi eventi traumatici nel nostro caso? La pandemia, certo, ma non solo. Uno, in particolare, getta un’ombra di inquietudine su tutto il futuro della specie: il cambiamento climatico; ormai dato per certo, causato dall’attività antropica.

Un bambino direbbe: e perché mai dovremmo cercare di far fronte a questo evento traumatico se a causarlo siamo noi stessi coi nostri stili di vita? Non sarebbe più sano evitarlo eliminando il nostro desiderio di consumo che alimenta la crescita insensata che provoca queste reazioni da parte della natura? La risposta è semplice, ma a quanto pare la soluzione difficilissima da realizzare, così che, non aggredendo alla radice la causa dei mali, preferiamo escogitare rimedi (quasi sempre fallimentari) per fronteggiare gli effetti di questo modello di sviluppo. La resilienza, in questo caso, diventa la parola magica per esorcizzare la catastrofe annunciata e già avvenuta in alcune parti del mondo.

Come se un fumatore incallito, anziché smettere, prendesse ogni giorno qualche pillola che riduce la possibilità di sviluppare un cancro ai polmoni. Potremmo in questo caso parlare di un fumatore resiliente in quanto capace di assorbire l’evento traumatico e magari di trasformarlo (come? ) in maniera positiva? Questa riflessione scaturisce da una delusione crescente non solo dei magri risultati ottenuti nei vari summit delle nazioni sul clima, ma anche dalle aspettative che avevamo riposte nel Pnrr (piano nazionale di ripresa e resilienza) e nel suo ministro Cingolani, forse perché fisico e certamente conoscitore dei problemi complessi che caratterizzano il clima.

Pur riconoscendo gli effetti antropici sul clima, Cingolani ha sostenuto che provvedimenti drastici sull’economia volti a ridurre le emissioni di CO2, si tradurrebbero in danni altrettanto gravi quanto quelli provocati dai cambiamenti climatici. E si vanta il ministro (forse a ragione) che al summit di Napoli “per la prima volta il G20 ha riconosciuto l’interconnessione tra clima, ambiente, energia e povertà”.

E così il neo ministro resiliente propone dei rimedi alla produzione di CO2 come quello del Ccs (Carbon capture and sequestration) ovvero continuare a produrre CO2 ma poi catturarla e rispedirla nel sottosuolo da dove essa era stata prelevata sotto forma di fossili. O, ancora, piccoli reattori nucleari domestici da tenere in giardino accanto al barbecue per produrre energia e produzione di idrogeno sempre a mezzo di fossili. Di più, ammette l’esperto ministro, non si può fare in questo momento se non danneggiando gravemente il sistema economico.

Così si continuano a proporre false o effimere soluzioni contro l’emergenza ambientale e la stessa crisi del cibo (l’altra faccia del problema), come ampiamente dimostrato nel pre-Vertice sui sistemi alimentari che si tiene a Roma tra il 26 e il 28 luglio. Rispetto al recente passato, i gruppi dominanti continuano a massacrare il pianeta sapendo bene quel che fanno e gli effetti prodotti da tale massacro, ma avendo bene a mente che la loro ingordigia di profitto non può essere fermata.