I manuali sono sempre utili. Fanno il punto su un tema, una disciplina del sapere. Ma toccano l’acme della loro utilità quando hanno un autore – o più autori – che si prendono la briga di aggiornarli su come è stato sviluppato il tema o di quali altri punti di vista la disciplina si è arricchita. Appartiene a questa seconda schiera il ponderoso volume di Ruben Razzante Manuale di diritto dell’informazione e della comunicazione (Wolters Kluwer, pp. 652, euro 40).

Le prime due parti del volume seguono la canonica illustrazione delle diverse norme giuridiche che regolano il mondo dei media, i diritti alla libertà di espressione e di stampa, ma anche le tutele previste dai legislatori dei singoli «oggetto» di attenzione mediatica. Rispetto ai tanti manuali esistenti, questo include tuttavia l’analisi delle norme comunitarie, che sono diventate nel tempo un esempio della progressiva subalternità delle leggi nazionali ai trattati, alle procedure, alle norme definite a livello sovranazionale. Va detto che in alcuni casi, l’erosione e la conseguente subalternità della sovranità nazionale a quella europea risultano più garantiste per il singolo individuo e per il lavoro giornalistico.

IL CASO PIÙ ECLATANTE è la libertà di informazione, che viene considerata acquisita dalla legislazione italiana, ma ritenuta un bene comune dall’Europa. Lo stesso vale per la privacy, che ha visto in Italia una serie di norme divenute ben presto obsolete in presenza di strumenti comunicativi digitali e della Rete. Diverso è il caso europeo che ha ritenuto il diritto alla riservatezza e all’oblio (il diritto cioè a vedere cancellati i propri dati personali dai data base costruite nel tempo da amministrazioni pubbliche e imprese private) materie che hanno visto reiterati interventi dell’Unione europea, facendo diventare il rispetto della privacy una norma tra le più innovative e garantiste a livello globale.

La parte più innovativa del volume, tuttavia, rimane quella dove Ruben Razzante affronta le modifiche intervenute nella produzione, circolazione e consumo di informazione con Internet.

Non solo viene evidenziata l’«evoluzione» della legislazione italiana in materia di media televisivi, radiofonici e cartacei. L’attenzione dell’autore si sposta infatti su quel terreno, la Rete appunto, dove il rifiuto della proprietà intellettuale – il copyright – e la rivendicazione di gratuità dell’informazione sono un modo di essere dominante e generalizzato, senza che ciò sia necessariamente connotato politicamente. Non sono solo gli attivisti che lo «praticano»: è la maggioranza dei «naviganti» che vuole la gratuità dell’informazione e il rifiuto del copyright.

PER IL LEGISLATORE diventa dunque difficile immaginare strumenti giuridici idonei a garantire la libertà di informazione, la riservatezza dei dati personali, ma anche la tutela dalla diffamazione, quando viene meno il ruolo di intermediazione tra informazione e sua ricezione.

È infatti difficile pensare ai blog come giornali, così come è difficile equiparare Facebook a un media multimediale. La Rete diventa il contesto dove produrre informazione, farla circolare al di fuori del controllo da parte di un media. Sono gli stessi singoli che garantiscono il flusso continuo di informazione. Dunque vengono meno le forme consolidate di controllo, verifica operanti nei media. Il ritorno carsico del tema delle fake news ha questo sfondo ineludibile e difficile da reprimere della Rete come infrastruttura policentrica senza centri di governo e di controllo. Non un regno della libertà, bensì un habitat dove finalità diverse, conflitto sociali e sui diritti civili e strategie imprenditoriali fanno si che Internet funzioni come un global media, senza però svolgere il ruolo di intermediazione tra realtà e produzione dell’opinione pubblica.

IL MANUALE PRESENTA una serie significativa di casi dove le leggi vigenti sulla informazione, la privacy e la proprietà intellettuale sono state messe in scacco. Nel volume viene sempre detto con pudore, ma emerge con forza la necessità di una produzione di diritto sempre in divenire, cioè capace di modifiche just in time.

In altri ambiti disciplinari tutto ciò viene qualificato come diritto riflessivo, poliformismo delle fonti giuridiche (sono spesso indicati non i parlamenti nazionali o gli organizzazioni sovranazionali, bensì i gruppi organizzati della società civile la fonte di norme e leggi).Il pregio di questo volume è porre le poste in gioco in termini chiari. Dunque un manuale destinato finalmente non solo gli specialisti, ma anche a chi usa la Rete come luogo di conflitto e di contestazione del modo di produzione dell’opinione pubblica.