L’inflazione vola all’8% a giugno, è record dal 1986
La crisi Istat: a giugno l'inflazione è salita a un livello (l’8%) che non si registrava da gennaio 1986. Il mese scorso, a maggio, era al 6,8%. L'accelerazione dei prezzi degli alimentari, lavorati e non, hanno spinto ancora più in alto la crescita di quelli del cosiddetto «carrello della spesa» al +8,3%, l'incremento più elevato da gennaio 1986 (8,6%). L'inflazione nell'Eurozona macina record: a giugno ha toccato l'8,6%, (contro l'8,1 di maggio), un livello mai registrato dalla creazione dell'Ue
La crisi Istat: a giugno l'inflazione è salita a un livello (l’8%) che non si registrava da gennaio 1986. Il mese scorso, a maggio, era al 6,8%. L'accelerazione dei prezzi degli alimentari, lavorati e non, hanno spinto ancora più in alto la crescita di quelli del cosiddetto «carrello della spesa» al +8,3%, l'incremento più elevato da gennaio 1986 (8,6%). L'inflazione nell'Eurozona macina record: a giugno ha toccato l'8,6%, (contro l'8,1 di maggio), un livello mai registrato dalla creazione dell'Ue
L’inflazione nell’Eurozona sta scalando ogni record da 36 anni a questa parte. Per l’stat a giugno è salita all’8 %, un livello che non si registrava da gennaio 1986 (allora era all’8,2%). Per il 2022 quella acquisita è al +6,4%. Per Eurostat, l’Ufficio statistico dell’Unione europea, l’inflazione dovrebbe crescere all’8,5 per cento nel mese di giugno. Secondo le stime, il tasso sarebbe in aumento rispetto al 7,3 per cento fatto registrare a maggio e al 6,3 per cento di aprile. Si tratta di un aumento esponenziale.
I PREZZI AL CONSUMO al netto dei beni energetici (+4,2%) e di quelli alimentari freschi (+3,8%), ha aggiunto l’Istat, hanno registrato aumenti che non si vedevano rispettivamente da agosto 1996 e da giugno 1996. Nello stesso tempo, l’accelerazione dei prezzi degli alimentari, lavorati e non, stanno spingendo ancora più in alto la crescita di quelli del “carrello della spesa”: +8,3%, mai così alta da gennaio 1986, quando fu +8,6%. In questa dinamica inedita da più di una generazione un ruolo fondamentale lo stanno giocando i prezzi dei beni energetici, la cui crescita è passata da +42,6% di maggio a +48,7%, e in particolare dei beni energetici non regolamentati (da +32,9% a +39,9%). Ci sono anche i prezzi dei beni alimentari, sia lavorati (da +6,6% a +8,2%) sia non lavorati (da +7,9% a +9,6%); dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +4,4% a +5,0%); i trasporti (da +6,0% a +7,2%). Poi ci sono cibo, alcol e tabacco (8,9%, rispetto al 7,5% di maggio). L’Istat ha segnalato, inoltre, che a giugno sono aumentati i prezzi della frutta fresca e refrigerata (da +6% a +10,9% annuo) e di quelli dei vegetali freschi o refrigerati diversi dalle patate (da +11% a +11,8%).
LA TENDENZA inflattiva non è però univoca nei 19 paesi europei che afferiscono all’Eurozona che vanno a velocità diverse. Quasi la metà ha raggiunto un’inflazione annuale a due cifre, ma altrove si mantiene (ancora) al di sotto. Per esempio, cala in Germania (8,2% dall’8,7%) e Paesi Bassi (9,9 dal 10,2). Ma è altissima nei paesi baltici: Estonia 22%, Lituania 20,5% e Lettonia 19%. In Francia resiste al 6,5%, mentre la Spagna vola al 10%. La Grecia è al 12%. è questa la dinamica che sta facendo temere, tra gli altri, alla Banca Centrale Europea (Bce) il rischio di una «frammentazione» della zona euro sottoposta a un nuovo stress, come nella crisi dei «debiti sovrani» seguita a quella dei mutui subprime esplosa negli Stati Uniti nel 2007, senza avere nel frattempo affrontato e risolto i problemi strutturali che rendono l’economia continentale soggetta a rischi esistenziali man mano che le crisi capitalistiche si stanno moltiplicando.
L’INSIEME di questi elementi tendono a rafforzano le aspettative di un rapido aumento dei tassi di interesse da parte della Banca Centrale Europea a luglio e a settembre. Come ampiamente discusso su Il Manifesto così si rischia di avviare una spirale recessiva a danno dei salari e i redditi che non hanno avuto un ruolo nell’esplosione non prevista dai banchieri centrali e dai governi com’è stato negli anni Settanta. L’inflazione dipende per ora dalla speculazione sulle materie prime, dalle conseguenze del Covid che blocca le catene di approvvigionamento, dalla guerra russa in Ucraina e le sue conseguenze geo-economiche. La chiusura dei rubinetti della politica monetaria, insieme ai non sufficienti interventi sociali e gli investimenti, può peggiorare le condizioni.
IL GOVERNO TEDESCO ha dato ieri il suo contributo affinché la Bce acceleri la recessione. Il ministro delle finanze, Christian Lindner, ha annunciato di volere bloccare un nuovo indebitamento pubblico, come previsto dalla Costituzione, nel 2023. Lindner ha spiegato di voler dare così un «segnale» alla Bce, mostrando che la Germania dà un suo contributo nella lotta all’inflazione.è la spinta dei «falchi» della coalizione di governo guidato dal socialdemocratico Scholz che hanno i loro alleati nel board della Bce e spingono affinché Lagarde proceda. Dall’altro lato ci sono contro-spinte che cercano di rallentare perlomeno questa strategia (il non ancora del tutto chiarito scudo «anti-spread»). Il piano è inclinato e va verso ciò che la Fed negli Stati Uniti ha deciso, nonostante le previsioni di recessione nel 2023 (di Goldman Sachs, ad esempio).
NEL DIBATTITO in corso a livello mondiale sulla natura della crisi lo storico dell’economia Adam Tooze ha proposto la categoria di «policrisi». Quella attuale non ha una sola origine, e interessa diversi settori contemporaneamente. L’inflazione è uno dei suoi effetti
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