Politica

L’infinita pesca dei morti

L’infinita pesca dei morti

Lampedusa Recuperati altri 7 cadaveri, restano decine di dispersi, mentre non si sa che fine faranno le 300 bare stipate nell'hangar dell'aeroporto

Pubblicato quasi 11 anni faEdizione del 11 ottobre 2013

E’ passata una settimana ma sembra un secolo. Le notizie che arrivano da Lampedusa lentamente, ma inesorabilmente, affondano nei titoli di coda dei tg e nelle pagine interne dei giornali. Resta a galla solo la schiuma delle polemiche politiche. Le visite di stato sono finite, ma l’emergenza sull’isola resta. Il mare è ancora pieno di morti, il centro di accoglienza è sempre più invivibile e non si sa neppure dove seppellire quei 300 cadaveri che sono ancora allineati nell’hangar dell’aeroporto.

Ieri la guardia costiera ha annunciato di aver recuperato altri 7 corpi, tutti uomini. Sono stati trovati dai sommozzatori fuori dal barcone perché tutti quelli che erano rimasti all’interno del peschereccio sono già stati trasportati a riva. Il bilancio delle vittime della più grande tragedia del Mediterraneo sale così a quota 309, ma mancano ancora all’appello tra i 60 e gli 80 dispersi. Man mano che le ore passano le ricerche si complicano. D’ora in poi si proseguirà anche attraverso veicoli filo-guidati dotati di telecamere e sonar e con il supporto aeronavale. Significa che molti resteranno dispersi per sempre o che finiranno nelle reti di qualche pescatore chissà quando.

Nell’hangar dell’aeroporto invece i resti della salme sono ormai in quelle bare da troppi giorni e sono sempre più maleodoranti. I medici denunciano che “potrebbe emerge un problema sanitario”. Letta durante la sua visita ha annunciato in pompa magna che verrà celebrato un funerale di stato. Ma nessuno sa dove, come e quando. Forse verrà celebrata una cerimonia pluriconfessionale a Roma, forse ci sarà una sola bara vuota che dovrà rappresentare tutte le vittime. Il sindaco Giusi Nicolini ha detto che i lampedusani e i familiari delle vittime “attendono di conoscere tempi e modalità rispetto alla destinazione delle oltre 300 bare presenti sull’isola” e ha aggiunto che “in questo contesto e in questo momento i funerali di stato non sono una priorità”. Le autorità eritree si sono prese l’impegno di riportare in patria a loro spese solo i morti eritrei la cui nazionalità sarà accertata. Gli altri probabilmente finiranno nei cimiteri messi a disposizione dei comuni siciliani nelle provincie di Agrigento e Ragusa.

Il problema principale è che quelle salme sono irriconoscibile e che procedono con molta difficoltà le operazioni di identificazione. A Lampedusa continuano ad arrivare persone da altre città italiane, dalla Germania, dall’Inghilterra e dalla Svizzera che non hanno notizie dei propri cari in viaggio verso l’Europa. Gli isolani per ospitarli hanno messo a disposizione gratuitamente alloggi privati e strutture alberghiere. Ma in molti casi le ricerche non portano a risultati. Molti familiari non riescono a riconoscere i loro cari e sperano ancora che siano rimasti bloccati in Libia. Restano senza notizie, oppressi da un dubbio atroce che solo il tempo saprà dirimere. Mentre sulle bare continuano a non esserci nomi, ma solo numeri.

Intanto lentamente vengono trasferiti gli stranieri stipati nel centro di prima accoglienza di contrada Imbriacola. Ieri 54 eritrei, somali e siriani, fra cui 4 minori, sono stati imbarcati verso Porto Empedocle ed è stata programmata la partenza di altri 70 migranti con un ponte aereo per Foggia e Bari. Ma le condizioni dei sopravvissuti restano ignobili. Una vergogna nella vergogna che mostra tutti i limiti dell’Italia e dell’Europa e che dimostra quanto sono grottesche le parole di chi pensa di risolvere il problema dell’immigrazione dicendo “aiutiamoli a casa loro”. Un paese che non è stato capace neppure di dare una tenda a qualche centinaia di poveracci sopravvissuti a una strage, non può certo lavarsi la coscienza sproloquiando di aiuti e soluzioni per popoli e interi continenti distrutti dalla guerra e dalla miseria. E infatti i viaggi continuano. Ieri altri due barconi con circa 200 profughi a bordo hanno lanciato l’sos mentre erano ancora in acque libiche.

 

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento