Il caso del mattatoio del Gruppo Tönnies si conferma come un vero macello. Ieri l’impianto di Gütersloh, in Nordreno-Vestfalia, ha sfondato la quota di 1,550 contagi da coronavirus, costringendo le autorità sanitarie del Land a ordinare il lockdown immediato per i 361 mila residenti del circondario più altre 200mila persone che abitano nella confinante zona di Warendorf.

Per la prima volta dalla «fase due» in Germania si torna alla chiusura di bar, ristoranti, centri sportivi – oltre a scuole, asili, ambulatori e ospedali sigillati già da una settimana – e al confinamento a casa dei cittadini almeno fino alla fine mese.

Colpa, ufficialmente, dell’improvvisa ripresa del Covid-19 che «non è stato ancora sconfitto» (come dice la cancelliera Angela Merkel) ma soprattutto della gestione fuori da qualunque regola e immaginazione del più grande impianto per la lavorazione delle carni d’Europa di proprietà del miliardario Clemens Tönnies, ex presidente dello Schalke 04.

L’infezione è nata e si propaga a macchia d’olio proprio grazie alle disumane condizioni di lavoro dei circa 7000 dipendenti impiegati nel mattatoio-lager, dove vige la regola dello sfruttamento incondizionato dei «Gastarbeiter», ammassati sul posto di lavoro quanto negli alloggi abitati anche da dieci persone per stanza.

Una condizione fuorilegge denunciata a più riprese dal ministro Cdu della Sanità del Nordreno-Vestfalia, dalla Grande coalizione di Berlino, e ancora prima da Robert Tönnies, nipote del fondatore del Gruppo, che non smette di puntare il dito contro il Cda dell’azienda di suo zio.

 

foto Ap

 

Clemens Tönnies non ha alcuna intenzione di dimettersi, come ha tenuto a precisare anche ieri, nonostante la protesta generale si sia ormai estesa anche alla tifoseria dello Schalke o4 che a Gelsenkirchen ha annunciato una manifestazione cominciando a stendere gli striscioni e a incollare adesivi contro il padrone del mattatoio mortale non solo per i 16 milioni di suini macellati ogni anno. Fa il paio con l’avvio della campagna di boicottaggio dei prodotti marchiati Tönnies in tutti i supermercati dei 16 Land tedeschi, che inizia a farsi sentire pure sui conti dell’azienda.

Del resto, il «metodo» del Gruppo leader del settore in Germania non può più essere ignorato, dopo che da sette anni Robert Tönnies denuncia le pratiche scandalose dello zio «schiavista».

Già nel 2013 aveva sollevato pubblicamente il caso della busta paga da fame dei lavoratori quasi tutti stranieri: 5 euro all’ora contro i 15 pagati dai diretti concorrenti. «Al di là dei contratti, la condizione di lavoro è inaccettabile: i nostri collaboratori non hanno diritto neppure al minimo livello del diritto alla salute e della sicurezza sul posto di lavoro» scriveva allora allo studio legale dell’azienda Robert Tönnies.
Fino alla settimana scorsa nessuno gli ha dato retta. Fino a ieri facevano più notizia le foto delle grigliate dello zio Clemens con i potenti della Terra, a partire da Vladimir Putin…