Da dove viene la storia del disperato che, dopo una morte violenta o un suicidio, viene ripescato da Dio o da un angelo che gli fa vivere una settimana sulla terra, ma dentro il corpo di un altro per capire i suoi errori e i veri valori della vita? Diciamo Goodbye Charlie di Vincent Minnelli? Nei panni di una bionda di Blake Edwards? Un po’ del vecchio Frank Capra. Solo che in questo un po’ pasticciato, ma carinissimo Mi rifaccio vivo di Sergio Rubini, scritto assieme a Umberto Marino e a Carla Cavalluzzi, l’ispirazione viene applicata al cinema fantastico dello stesso Rubini, che ci aveva dato un piccolo gioiello come L’anima gemella, dove già c’erano scambi di personalità e di corpi, trova la sua chiave di messa in scena grazie a gran parte dei nostri migliori attori brillanti, che il regista riesce a dirigere alla perfezione. Così, anche se il copione ha qualche pecca, la commedia è gradevole, e anzi, salutiamo il film come un buon ritorno di Rubini al suo cinema più personale, leggero e divertente.

Nella prima parte seguiamo il suicidio, un po’ casuale, di un piccolo uomo d’affari, Lillo Petrolo, sposato con la bella Vanessa Incontrada, ma distrutto dalla competizione con un rivale più fortunato, Neri Marcoré, che lo perseguita fin da bambino. Quando finisce tra i morti in attesa di smistamento come se fosse in un bordello felliniano, destinato non da Dio, ma da Carlo Marx in persona ai piani sotterranei, cioè all’inferno, e viene salvato da un angelo, Sergio Rubini, che gli permette di ritornare sulla terra per una settimana, nel corpo di una specie di guru filosofo, Emilio Solfrizzi, socio del suo nemico, per poterlo distruggere.

Dopo questo complicatissimo preambolo e dopo che ci siamo identificati in Lillo, il film parte con un protagonista totalmente diverso, che è appunto Solfrizzi. Se due vecchie volpi come Minnelli e Edwards nei loro film avevano evitato di farci affezionare ai protagonisti «morti» e li avevano catapultati nei corpi di due belle donne per effetti comici, qualcosa ne avranno saputo di commedia, no?, Rubini e i suoi sceneggiatori tentano una carta ben più difficile. Un comico posseduto da un altro comico. Ahi! Così Solfrizzi è costretto, ma se la cava bene, a doverci fare ricordare Lillo perdendo un po’ della sua personalità. E per sviluppare meglio la trovata gli sceneggiatori si inventano qualcosa di ancora più rischioso. Quando Solfrizzi si guarda allo specchio compare Lillo, ma non un Lillo specchiante, proprio un Lillo che va per i fatti suoi. E i due si parlano e discutono. In quanto amico di Lillo meglio così, ma certo la cosa obbliga Solfrizzi a comportarsi con gli specchi un po’ come un vampiro, anche se alla fine la trovata è divertente.

Solfrizzi scopre così che l’acerrimo nemico di Lillo, un Neri Marcoré di gran divertimento, ha le sue colpe nel disastro economico del suicida. Ha delle colpe pure con la moglie, Margherita Buy sempre brava, che tradisce con la sua psicanalista, Valentina Cervi, particolarmente aggressiva. Ovvio che la settimana sulla terra gli farà capire come stanno davvero le cose, capirà che vendicarsi non servirà a nulla e alla fine capirà che nessuno è poi così cattivo. Con un copione così complicato e con così tanti attori diversi non era facile muoversi, e invece Rubini compie il piccolo miracolo di farci divertire e di farci seguire con piacere il film. Muove benissimo i suoi attori, dalle amiche di sempre, Buy e Cervi, ai nuovi venuti Lillo e Neri. Riesce anche a far funzionare il personaggio più difficile da gestire, quello di Solfrizzi, che sembra per metà posseduto da Lillo e per metà dallo stesso Rubini. Per sé si concede dei buffi cammei che ci lasciano il desiderio di vederlo recitare da protagonista in un film suo.

Fra i tanti caratteristi rivediamo con gran piacere Dodi Conti nei panni di un sotto-angelo e Enzo Iachetti come tassista-Caronte. Purtroppo, la presentazione del film ha coinciso con la decisione del suo produttore, Domenico Procacci, di chiedere l’aiuto statale per mantenere aperta la sua casa di produzione, la Fandango, in pesantissima crisi economica. Insomma, più o meno come si trova Lillo all’inizio del film…