In una Sofia pervasa dal profumo dei tigli che ovunque la attraversano e la circondano, che ha da poco dismesso la pioggia ed è diventata subito assolata ed estiva, mentre continuano a sfilare in centro le proteste per la corruzione del potere, abbiamo incontrato Georgi Gospodinov, il più importante e promettente scrittore bulgaro del quale è appena uscito in Italia, per le edizioni Voland, Fisica della malinconia (pp. 336, 15 euro) curato da Giuseppe Dell’Agata.
Gospodinov è nato nel 1968, ha cominciato a scrivere come poeta innovativo e raffinato, è considerato uno scrittore-rivelazione, nel suo paese e, tradotto ormai in diciannove lingue, anche nel mondo. In Italia sono usciti, con grande successo il suo primo romanzo Romanzo naturale (2007) e il libro di racconti …e altre storie (2008), sempre da Voland.
In bulgaro, ricorda Dell’Agata nella nota di traduzione, Fizika na tagata, taga è una parola con un ampio spettro semantico, da «mestizia» a «tristezza», «malinconia», «angoscia», «rimpianto», un quasi equivalente di «spleen». È dunque la parola più corretta per descrivere la deriva concreta di una eccezionale sensibilità empatica, quella del protagonista del romanzo, alle prese con ogni immedesimazione e protagonismo, delle storie altrui, umane, animali e vegetali. E delle epoche più svariate. Ma forse, più che di estrema sensibilità, bisognerebbe parlare di sindrome vera e propria, di una empatia connotata come malattia e sofferenza.
Per un viaggio che impropriamente definiamo «romanzo», dentro un labirinto di accadimenti veri e surreali, immaginati, passati e futuri insieme. Contrassegnato nelle tappe dall’uso del sintagma «io siamo» quasi in apertura e «io fummo» in conclusione. Un io collettivo dunque, che pure nella prima persona plurale non trova tregua, disperato nella sua nostalgia di ricerca dei Minotauri rinchiusi dentro ognuno di noi preso nell’attimo esatto della sua infanzia abbandonata. Perché Gospodinov non copia il mito, non lo usa «ideologicamente» a conservare una improbabile età dell’oro, lo sporca nelle pieghe della contemporaneità, lo piega fino a restituirlo al presente, lo svela nell’origine di ogni giorno.
Dentro l’autunno del mondo inconcluso, atroce, sanguinante e vuoto, a occidente come a oriente. Non senza una malizia che, dal timbro appassionato ed epifanico della memoria infantile, sfiora la satira tragicomica, come nel passaggio in cui le iniziazioni amorose del protagonista sono singolarmente legate ad avvenimenti drammatici di regime, come la morte dei vari segretari del Pcus negli anni Ottanta, o addirittura all’epocale disastro di Cernobil.

Chi è il protagonista del romanzo che per narrare sente il bisogno di usare il sintagma «io siamo», «io fummo»?

Il protagonista è una voce parlante che in maniera empatica entra, penetra nella storia di tutti quelli che soffrono, che sono abbandonati. Dal Minotauro, fino ad un bambino che nasce negli anni Settanta del Novecento. E in questo modo tenta di delineare una breve storia non semplicemente dell’uomo, ma di ciò che è vivo, della natura viva. Per me vivo è tutto quello che soffre. Questa è la storia, dal Minotauro al XX secolo; ma è anche la storia nascosta dell’animale, il Minotauro inteso anche in quanto toro, perciò voglio che la mia storia sia antiantropocentrica.

Perché il protagonista decide di essere protagonista di tante vite? Si può dire che questa empatia altro non sia che la scrittura e insieme un contagio, una condanna?

Quando cominciai a scrivere il romanzo non conoscevo la storia intera, però sapevo che era importante per me parlare dell’empatia, dell’ingresso nelle altrui vite e coscienze. Ho letto molta letteratura sul tema dell’empatia e ho scoperto cose che conoscevo come bambino ma che avevo dimenticato: l’uomo è particolarmente empatico tra i 7 e 12 anni. Perché tu sei praticamente immortale e puoi immergerti in qualunque storia, percependo ogni storia attraverso il corpo. Per me è questa la definizione più breve di empatia: sentire le storie nel tuo corpo.
Borges parlando dell’amore dice che l’amore per una donna è quando ti fa male in tutto il corpo. E una cosa scoperta recentemente dalla scienza, è che anche gli animali provano l’empatia. In generale di tutto ciò che è vivo. E ho la sensazione che noi stiamo vivendo un momento di perdita dell’empatia. Questi sono i tre motivi per cui era necessario inserire l’empatia nel mio testo.

[do action=”citazione”]La malinconia migra come un gas e parlo dei «quanti dell’invecchiamento»,  i più giovani semplicemente diventano, i più vecchi smettono di diventare, diminuiscono…[/do]

Quale uso viene fatto del mito? Nella «Fisica della malinconia» il mito viene destrutturato, da tradizione narrata è come se venisse ricondotto ad una sua motivazione naturale. Così il Minotauro è dentro di noi, è il bambino abbandonato che siamo o potremmo essere stati, il deforme rifiutato, il reietto…

Io voglio strizzare l’umano dal mito per vedere la parte umana compresa in ogni mitologia. Per me la storia umana

del mito del Minotauro è completamente diversa dall’interpretazione canonica. Non a caso ho voluto nella copertina del libro l’illustrazione rinvenuta su un vaso etrusco di Vulci dove si vede bene che Pasifae tiene in braccio il Minotauro che è un bambino. Una conferma straordinaria. E questa storia è analogica e dello stesso significato e valore del bambino abbandonato nel mulino, mio nonno nel romanzo. Per me il mito del Minotauro è importante come mito dell’abbandono, non come mito del mostruoso.

C’è nel romanzo uno stile elencatorio, le città, i mestieri. Perché questa forma del passare in rassegna che fa pensare al «Dizionario dei morti» di Danilo Kis?

L’elenco per me è una forma particolarmente privilegiata di narrare perché è anti-apocalittica. Quando uno si trova sul bordo del baratro e deve partire, lasciare il suo paese, oppure come Noe abbandonare la terra promessa per il diluvio, ecco che lì vengono elencati tutti gli animali puri e quelli impuri. Quando te ne vai da casa ti scrivi tutte le cose più importanti che vuoi portare con te. È un raccogliere la sensazione della fine. Questi elenchi servono come kit di sopravvivenza. Sono le storie che dobbiamo prendere con noi nel momento in cui abbandoniamo questo mondo per un altro.

Il tempo del racconto è quello contratto della storia, tra avanzate nel passato e fughe nel futuro; ma il tempo vero qual è? Quello di chi scrive sembra essere solo quello dell’infanzia, questo è il romanzo dell’infanzia e l’autore sta con tutte le infanzie del mondo…che non hanno voce.

L’infanzia è l’immortalità dell’uomo. Che attraverso la fisica cerca di riportare il tempo all’indietro verso una qualche infanzia dell’umanità. Parla il mio libro con dio ma sotto forma di formica. E questa triade dio, formica, bambino è la nuova trinità. Sono l’ipostasi dello stesso livello, l’insetto e l’uomo, scambi di metamorfosi. Quando si invecchia ecco che questa trinità si disarticola. Il mio vuole essere anche un romanzo dell’invecchiamento.
Scrivo che la malinconia migra come un gas e parlo dei «quanti dell’invecchiamento», che dicono due cose materiali, fisiche: che questo tempo è percepito solo grazie agli aggettivi (vecchio equivale a lento, nebuloso, freddo, indeterminato); e che mostra che cambiano le proporzioni del mondo, i più giovani semplicemente diventano, i più vecchi smettono di diventare, diminuiscono…

Il romanzo appare sospeso, come se un Borges balcanico rimanesse indeciso tra le promesse (non mantenute) dell’occidente vecchio e il declino dell’oriente giovane. Perché viviamo due fallimenti, i Balcani restano lontani dall’Europa e l’Europa invece si è balcanizzata…

Su Facebook i miei lettori mi hanno chiesto che la «fisica della malinconia» diventi la fisica della rabbia, di questo rimpianto bulgaro. Ho preso questo impegno con loro. Ma anche nelle manifestazioni di febbraio, quelle contro il governo di destra di Borisov, non siamo riusciti a esprimere questo rimpianto. Nelle proteste contro la corruzione di stato di questi giorni invece ci sono molti più giovani che sono scesi in piazza che chiedono nuovi valori e non solo il rifiuto dell’aumento dei prezzi. E mostrano di avere parole per esprimere questi nuovi desideri.