Le prospettive economiche e sociali sottese alla Nota di Aggiornamento del Documento Economico e Finanziaria (Nadef) disattendono le speranze di chi immaginava un percorso di crescita e soprattutto di sostenibilità sociale, ma anche una qualche capacità di programmazione (governo) delle grandi trasformazioni tecno-economiche.

Il giudizio è severo, ma uscendo dalla narrazione “accondiscendente” dei principali giornali, si osserva che gli effetti economici e sociali dell’incremento dell’indebitamento netto per il 2021-2024, pari a poco più di 20 mld di euro per anno, per un valore complessivo di oltre 60 mld, sono veramente minimi.
Il punto non è quello di registrare solo il valore dell’indebitamento netto programmatico, pari a 5,6% nel 2022, al 3,9% nel 2023 e al 3,3% nel 2024, oppure la differenza tra il deficit programmatico rispetto a quello tendenziale, ovvero le risorse pubbliche aggiuntive che il governo intende utilizzare per sostenere la crescita, piuttosto se e come queste risorse aggiuntive riescono a modificare la struttura economica che dovrebbe far crescere il PIL e l’occupazione.

Se guardiamo con attenzione al quadro macroeconomico programmatico e a quello tendenziale possiamo solo constatare l’inefficacia del deficit aggiuntivo “conquistato” dal governo Draghi. Non voglio appesantire la trattazione, ma la domanda che dobbiamo farci dovrebbe essere: il deficit aggiuntivo pari a 22 mld di euro, poco più di un punto di PIL, quanta crescita aggiuntiva realizza rispetto al quadro tendenziale?

Quanta aggiuntiva occupazione è lecito attendersi dall’inserimento di 22 mld nel circuito economico rispetto al quadro tendenziale? Infatti, l’azione di governo dovrebbe misurarsi sull’efficacia dei provvedimenti e non sulla stesura (scrittura) dei provvedimenti.

Dalle informazioni contenute nella Nadef osservo che 22 ml di euro avrebbero un effetto aggiunto sulla crescita pari a 0,5 punti di PIL nel 2022, a 0,2 nel 2023 e zero nel 2024, mentre le Unità Standard di Lavoro (Ula) migliorerebbero dello 0,1 nel 2022, dello 0,2 nel 2023 e dello 0,1 nel 2024. Soprassedendo rispetto all’oggettiva crescita senza occupazione, un male sociale che non sembra preoccupare l’opinione pubblica, è mai possibile che oltre 60 mld di euro di risorse aggiuntive del governo permetterebbero una crescita del PIL aggregata (22-24) pari a 0,7 punti di PIL rispetto al tendenziale? È mai possibile che l’occupazione Ula aumenterebbe di 0,4 punti?

Tale prospettiva di governo è inaccettabile, soprattutto per il così detto governo dei migliori. Sostanzialmente il governo aumenta il deficit senza cambiare la politica economica; questa politica non è coerente con le sfide di struttura sottese a Ngeu (Next Generation Eu). La minore crescita del paese non è attribuibile alla mancata modernizzazione dello stesso, comunque utile, piuttosto a una struttura che è lontana anni luce da quella media europea.

Qualcuno si è spinto a sostenere che sarà l’Italia il motore del cambiamento europeo, ma l’auspicio è esattamente il contrario. Diversamente perderemmo anche l’Europa. Nelle pieghe della comunicazione del governo rispetto alla Nadef si può registrare (constatare) quanto poca voglia ci sia nell’intervenire e risolvere seriamente i problemi del Paese. Infatti, il percorso programmatico per il triennio 2022-2024 consentirà solo di coprire le esigenze relative alle politiche invariate e il rinnovo di diverse misure economico-sociali. Poi il governo considera nei suoi progetti la riforma degli ammortizzatori sociali e “l’alleggerimento del carico fiscale”.

In tutta franchezza: immaginare di spendere 200 mld di euro del Pnrr, non ho idea di come siano computati i deficit del bilancio pubblico pari a 60 mld, senza adeguare la pressione fiscale spiana la strada a un “potenziale” indebolimento dello stesso Pnrr.

Il Paese non dovrebbe accontentarsi di fare meglio quello che già fa, piuttosto dovrebbe ambire a diventare finalmente un Paese adulto e con una classe dirigente adeguata.