Si spostava velocemente Vivian Maier, a Chicago, con un Solex pur di andare a fotografare tutto. Affamata di immagini, sola – o al massimo coi bambini che per lavoro accudiva (trascinati, lo raccontano da adulti, nei quartieri malfamati e nei vicoli a rimestare nella spazzatura in cerca di chissà cosa), con cappello e con un cappotto grande e pesante, sul quale appuntava sempre una spilla. Le scarpe comode, i capelli corti e, d’estate le camicette semplici. La sua era una tenuta anonima cosi come anonime voleva fossero le sue origini, la famiglia, la storia. Tutto doveva restare sepolto, avrebbe dovuto...