Già da molti anni l’Unione europea ha vietato le pubblicità e le sponsorizzazioni da parte dell’industria del tabacco, riconoscendo che costituiscono una minaccia per la salute delle persone. Così come il tabacco «nuoce gravemente alla salute», anche gas, petrolio e carbone hanno effetti dannosi: il loro utilizzo altera il clima del pianeta, contribuendo al riscaldamento globale e alimentando l’inquinamento atmosferico, responsabile ogni anno di più morti di quelle attribuibili al tabacco. Perché allora le aziende dei combustibili fossili possono continuare a promuovere indisturbate il loro business inquinante attraverso le pubblicità e le sponsorizzazioni? È questa la domanda di fondo che ha spinto Greenpeace, insieme a un’altra ventina di organizzazioni, a lanciare una Iniziativa dei Cittadini Europei (Ice) per chiedere di vietare ogni forma di pubblicità e di sponsorship da parte delle multinazionali dei combustibili fossili.

Vietare le campagne pubblicitarie e le sponsorizzazioni di colossi energetici come Eni e Shell, dell’industria dell’automotive e delle compagnie aeree – tra i principali responsabili della crisi climatica e ambientale – impedirebbe a queste aziende inquinanti di sviare l’attenzione dei cittadini dalle loro responsabilità esibendo un falso lato green, mentre in realtà continuano a promuovere modelli di business dannosi per il clima e per la sicurezza delle persone.

A sostegno di questa affermazione, il rapporto Tante parole e pochi fatti, a cura del gruppo di ricerca DeSmog e commissionato da Greenpeace Paesi Bassi, analizza oltre tremila annunci pubblicitari online delle sei principali aziende europee dei combustibili fossili (Eni, Shell, Total Energies, Preem, Repsol e Fortum).

L’analisi mostra che tutte le aziende prese in considerazione ricorrono al greenwashing: i loro annunci non riflettono accuratamente la realtà delle loro attività commerciali, sia attraverso un’enfasi eccessiva sulle loro iniziative «verdi», sia sminuendo le attività legate ai combustibili fossili.
In media il 50 per cento degli annunci pubblicitari esaminati riguarda iniziative per la sostenibilità ambientale, ma solo il 18 per cento del portfolio delle sei multinazionali è costituito da attività realmente rispettose del clima. Al tempo stesso, il 63 per cento degli annunci analizzati – quasi due terzi – promuove false soluzioni per il clima (come la cattura e lo stoccaggio della CO2 nel sottosuolo) o riguarda iniziative realmente green, ma che si riferiscono ad attività marginali per le aziende. La più grande disparità tra comunicazione e realtà è stata riscontrata negli annunci di Shell, nell’81 per cento dei casi considerati greenwashing, a fronte dell’80 per cento di investimenti dedicati a petrolio e gas.

La performance di Eni non è molto differente: a fronte dell’80 per cento circa del suo portfolio legato ai combustibili fossili, solo l’8 per cento delle pubblicità analizzate racconta quanto l’azienda continui a puntare sul gas fossile e sul petrolio, mentre il 55 per cento degli annunci del Cane a sei zampe è classificato dallo studio come greenwashing.

La propaganda delle aziende fossili deve essere fermata: vietare le loro pubblicità e sponsorizzazioni in Europa sarebbe un importantissimo passo avanti per diminuire il loro potere d’influenza e avviarsi una volta per tutte verso l’abbandono dei combustibili fossili, una misura urgente e necessaria per mettere un freno alla crisi climatica che stiamo vivendo. Per compiere questo passo l’Ice può essere uno strumento molto efficace. Si tratta infatti di un meccanismo ufficiale previsto dall’Unione europea in cui i cittadini hanno la possibilità di avviare un vero e proprio processo legislativo, raccogliendo almeno un milione di firme in Europa entro un anno di tempo. Se l’obiettivo sarà raggiunto, la Commissione europea avrà l’obbligo di esprimersi in merito alla richiesta dei firmatari di vietare tutte le forme di pubblicità e sponsorizzazioni delle aziende dei combustibili fossili. La petizione Stop alla pubblicità delle aziende inquinanti si può firmare su www.greenpeace.org/fossilfreerevolution.
Con l’avvicinarsi del summit sul clima della COP26 di Glasgow è probabile che vedremo una crescente comunicazione pubblica da parte delle società dei combustibili fossili, che ci assicurano di essere in prima linea nella transizione energetica. Ma la realtà è che molte di queste aziende stanno ancora investendo pesantemente nei combustibili fossili. Al tempo stesso, i governi non stanno svolgendo adeguatamente il ruolo di regolatori. Abbiamo quindi bisogno di un’azione più radicale per tutelare la salute del pianeta: le promesse non ci salveranno, abbiamo bisogno di azioni urgenti.

* Campagna Clima di Greenpeace Italia