Meno di 4.000 in libertà, oltre 8.000 prigioniere. In Asia le tigri costrette a vivere in cattività in strutture ricreative o in case private sono più del doppio di quelle libere. Cina, Thailandia, Laos e Vietnam hanno il maggior numero di tigri detenute, mentre si stima che in alcuni di questi Paesi (Laos e Vietnam) non vi siano più popolazioni di tigri allo stato naturale.

Quella delle tigri in cattività è un’industria che non conosce crisi. Parchi a tema sono diffusi in tutta l’Asia. I visitatori si trovano davanti animali privati dello spazio necessario per vivere: possono interagire e farsi fotografare con le tigri, vederle in spettacoli circensi, dar loro da mangiare polli vivi. Poiché i cuccioli sono sicuri da accarezzare solo nei primi mesi di vita, vengono continuamente sostituiti, mentre le tigri più vecchie sono narcotizzate per non essere pericolose, ma al tempo stesso sono pungolate con bastoni per farle apparire sveglie davanti alla macchina fotografica.

E nel 2016, dopo la chiusura del Tempio della Tigre in Thailandia, si è appresa un’altra drammatica realtà che sta dietro questo tipo di strutture. Oltre a 147 tigri vive, furono rivenuti 40 cuccioli morti congelati, 20 cuccioli conservati sotto formalina, 2 pelli di tigre adulte, migliaia di amuleti fatti con pelle o denti. Il Tempio era contemporaneamente un’attrazione turistica e un allevamento clandestino per la fornitura di prodotti destinati al mercato nero. Strutture del genere non hanno alcun tipo di funzione di conservazione della specie. Al contrario, stimolando la domanda, finiscono per far aumentare il bracconaggio contro le tigri libere. Ed è invece proprio nella tutela delle tigri in natura che si devono concentrare gli sforzi. Anche perché l’impegno degli ultimi anni sta producendo risultati postivi.
Dieci anni fa sembrava che per la tigre non vi fossero più speranze. Disboscamento e bonifiche avevano eliminato il 95% dell’habitat storico del felino e il bracconaggio aveva portato molte popolazioni sull’orlo dell’estinzione. In Asia si contavano 3.200 tigri in natura, contro le circa 100.000 stimate nel secolo precedente.

Nel novembre 2010, i rappresentanti delle nazioni che ospitano la tigre si riunirono a San Pietroburgo per un vertice straordinario, il primo a unire governi, finanziatori e ONG, con un unico obiettivo: salvare la tigre.

Oggi diversi segnali mostrano come il trend di declino abbia cominciato a invertirsi, con indagini che indicano quasi 4.000 tigri libere. E in occasione del World Wildlife Day, la Giornata Mondiale della fauna selvatica che si celebra il 3 marzo, il WWF ha raccontato 10 importanti vittorie per la salvaguardia di questo grande felino: dal progetto di reintroduzione nella provincia russa di Evreiskaya, dove il numero di tigri è passato da zero a venti in sette anni, agli investimenti sulla tutela del governo indiano che stanno facendo crescere numerosi nuclei, dal Nepal dove oggi si stimano 235 tigri, quasi il doppio rispetto al 2009, al Kazakistan dove con l’aiuto del WWF è stata creata una grande riserva naturale per riportare le tigri in Asia centrale, e così via.

Passi importanti, sicuramente ancora insufficienti, ma che comunque vanno nella direzione giusta.

* vicepresidente Wwf Italia