Se c’è un paese che avrebbe dovuto pensarci non due, ma duemila volte, prima di partecipare all’Expo, quello è il Qatar. Tuttavia, si sa, l’umana ipocrisia, come gli interessi politici ed economici, non conosce confini. E dunque, una delle mecche del petrolio mondiale, con un PIL nominale (cifra 2012) di 192.402 miliardi di dollari e un reddito pro capite di 100. 889 dollari che fa dei suoi abitanti i più ricchi del mondo, presenta il suo faraonico padiglione all’insegna del tema ‘Seminare sostenibilità, soluzioni innovative per un cibo sostenibile’. E precisa «Il Qatar vuole mostrare il suo impegno per garantire un cibo sicuro, sano e conveniente. Dalle serre alla tavola, dai laboratori scientifici allo sport, il Paese è impegnato a seminare sostenibilità, ovvero a garantire un cibo sano, sicuro e conveniente, attraverso soluzioni che siano socialmente, economicamente ed ecologicamente sostenibili» Quei tre avverbi, socialmente, economicamente, ecologicamente, suonano completamente (quarto avverbio) fuori luogo.

Il Qatar sfrutta e schiavizza i lavoratori migranti, portati qui per costruire le strutture che dovranno ospitare i Mondiali di calcio 2022, pur se mai il Paese vi ha partecipato. Ma in campo c’è il petrolio, e allora… Il Qatar discrimina le donne, non riconosce loro diritti, non le protegge dalle violenze. Il Qatar tortura, condanna a morte, reprime la libertà di opinione. L’ultimo Rapporto di Amnesty International non lascia dubbi. La kafala, la pratica dello sponsor senza cui è impossibile entrare da straniero, è di fatto una completa sottomissione al datore di lavoro e gli conferisce la possibilità di negare al proprio dipendente il permesso di tornare in patria, se non due anni dopo la scadenza del contratto. Il padrone paga pochissimo e quando vuole, applica turni massacranti, ammassa la gente dentro stanze luride, fornisce cibo scarso e pessimo, ignora qualsiasi sicurezza nei cantieri.

Le circa 84mila lavoratrici domestiche che arrivano per larga da parte dalle regioni asiatiche vengono assunte con false promesse sul salario, sfruttate sette giorni su sette e fino a cento ore a settimana senza mai un giorno libero, malnutrite, malmenate, molto spesso violentate. Denuncia Amnesty «Abbiamo incontrato donne che, dopo essere state terribilmente ingannate, si sono ritrovate alla mercé di datori di lavoro violenti, costrette a non lasciare mai l’abitazione. Alcune sono state minacciate quando hanno manifestato l’intenzione di andarsene». La libertà di espressione verrebbe ancor più ristretta se passasse la ventilata legge che imporrebbe a tutte le pubblicazioni una censura preventiva, esercitata da un’autorità competente di segno governativo.

La tortura di intellettuali e oppositori politici, mirata a far loro confessare ‘reati’, viene praticata, secondo le testimonianze che Amnesty è riuscita a raccogliere, con botte, sospensione del corpo, lunghe ore in piedi, isolamento in celle piccolissime, prolungate esposizioni al freddo. Tornando alle donne, questa volta in famiglia, il marito è agevolato nella richiesta del divorzio, e non ha nessun dovere di carattere economico se è invece la moglie ad avanzare tale richiesta o ad essere abbandonata. La pena di morte è stata comminata in almeno sette casi negli ultimi anni, ma non applicata. Un passaggio del concept su cui si basa la farsa espositiva del Qatar recita così «Il padiglione del Qatar mette in mostra le tecnologie più moderne in un’esperienza olistica» Com’è noto, l’olismo si basa sull’idea che le proprietà di un sistema non possono essere spiegate esclusivamente tramite le sue componenti. In questo caso, le componenti sin qui elencate spiegano benissimo il sistema. Boicottate, gente, boicottate.

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