Le regioni rosse salgono a 8: da ieri sera l’Abruzzo (che aveva già preso provvedimenti molto restrittivi da alcuni giorni) è entrata nella fascia di rischio più alto insieme a Lombardia, Piemonte, Campania, Toscana, Calabria, Bolzano e Valle d’Aosta. L’ordinanza del ministro Speranza entra in vigore domenica.

La buona notizia è che le altre regioni che rischiavano di peggiorare sono rimaste stabili: la Puglia e il Friuli Venezia Giulia restano arancioni, così il Veneto resta giallo. La cartina dell’Italia cambia poco rispetto a una settimana fa e questo è motivato dal fatto che l’indice di diffusione del contagio Rt è calato ancora: da 1,4 dell’ultimo report a 1,18 di quello di ieri. Un dato che induce a un cauto ottimismo gli esperti del ministero della Salute e dell’Istituto superiore di sanità a parlare di «appiattimento della curva» (Gianni Rezza) e di «rallentamento della crescita del contagio» (Silvio Brusaferro). «Non dobbiamo cantare vittoria perché l’Rt è ancora sopra 1 e questo significa che l’epidemia, seppur lentamente, sta ancora crescendo. Noi invece abbiamo bisogno di una rapida decrescita e questo si può fare portando Rt sotto 1».

ALLA LUCE DELL’ULTIMO monitoraggio, che copre il periodo dal 9 al 15 novembre, gli esperti non hanno dubbi: «La strategia di diversificazione della chiusure per regione sta funzionando», dice Franco Locatelli, presidente del consiglio superiore di sanità. «Ma questi segnali devono essere un incentivo per essere ancora più rigorosi. Ora bisogna insistere, non fare come in estate quando si è fatto l’errore di pensare che fosse tutto alle spalle».

A PREOCCUPARE I TECNICI è un altro dato, l’incidenza dei casi di Covid che cresce e arriva in media a 730 per ogni 100mila abitanti negli ultimi 15 giorni (l’unica regione dove c’è un miglioramento è la Sardegna). E la «sofferenza dei servizi sanitari», con un ulteriore aumento dei ricoveri (18 le regioni sopra la soglia critica). «La situazione di pressione sugli ospedali durerà ancora per settimane», spiega Rezza. Di qui la necessità di «tenere duro», senza farsi illusioni che in vista delle feste possa arrivare un «liberi tutti». «Per Natale non potremo avere delle eccezioni perché altrimenti vanificheremmo tutti i sacrifici fatti», ribadisce Locatelli. «Dovrà essere un Natale responsabile».

I dati di ieri confermano questa situazione di alta diffusione del virus, il cosiddetto «plateau». I nuovi casi sono 37.242, con 238mila tamponi, 699 le vittime, e torna a salire il rapporto tra test e positivi ora al 15,6%, mentre giovedì era al 14,4% e da alcuni giorni sembrava assestato sotto il 15%. Aumentano i ricoveri, +347, le terapie intensive segnano +36 (giovedì+42) per un totale di 3748. Numeri che, spiegano i tecnici, non consentono «alcun rilassamento», ma che hanno permesso alla cabina di regia di non aumentare le zone rosse e arancioni, tranne il caso dell’Abruzzo.

SE È VERO, COME SPIEGA Brusaferro, che «l’Italia a differenza di marzo è un monocolore, con il virus che colpisce tutto il Paese», va segnalato che in alcune regioni “gialle” l’indice Rt è già sceso sotto 1: il Lazio a 0,82, la Sardegna a 0,79, il Molise a 0,94. Poi c’è il caso della Liguria, che resta arancione, con un Rt a 0,89 ma ancora una forte pressione sugli ospedali. Il presidente Toti sperava nel giallo: «È una decisione per consolidare i risultati ed evitare guai domani, visto che sarà opportuno nel periodo natalizio ridare fiato all’economia».

Nel complesso, le regioni che presentano ancora uno scenario di rischio 3 (nella fascia alta di pericolo) sono 3: Abruzzo e Toscana che sono rosse e Basilicata che resta arancione con un Rt a 1,46. Anche la Puglia con un Rt a 1,24 resta arancione; stessa sorte per il Fvg con 1,27, numeri più alti di Lombardia e Piemonte che sono scese rispettivamente a 1,15 e 1,09, ma hanno ancora tassi di Covid per 100mila abitanti molto sopra la media nazionale (insieme a Valle d’Aosta e Bolzano).

Se i governatori di Lombardia e Piemonte premono per lasciare la zona rossa dal 27 novembre (con questo trend è molto probabile) la Puglia invece protesta perché due province- Foggia e Barletta-Andria-Trani- non sono state chiuse. «Ne prendiamo atto. Il nostro appello ai cittadini è quello di evitare di uscire e farlo solo per il tempo necessario e per motivi che non siano rinviabili», dice il virologo Pierluigi Lopalco, ora assessore alla sanità della giunta Emiliano. «Le regioni possono decidere se chiudere o meno alcune aree considerate più a rischio», ha ribadito Gianni Rezza. Una decisione, quella di differenziare le misure dentro i confini regionali, che finora nessun governatore ha voluto prendere.