La parola d’ordine per affrontare la pandemia di Covid-19 in India è «aatmanirbhar», autosufficiente. Pronunciata più volte dal primo ministro Narendra Modi durante la sua mezz’ora di discorso alla nazione di martedì scorso, affiancata a «bharat» – come l’India chiama se stessa, in hindi – tratteggia una strategia di ripresa economica incentrata sulle risorse locali. Per farcela, insomma, l’India di domani dovrà poter contare principalmente sulle proprie forze. Che poche non sono, in potenza.

DOPO OLTRE UN MESE E MEZZO di lockdown, che con ogni probabilità proseguirà oltre la data spartiacque del 18 maggio in modalità ancora da definire, l’India conta di portare avanti due strategie parallele: contenere il virus mantenendo regole di distanziamento sociale e, al contempo, ricominciare a lavorare, produrre e consumare, prima che la paralisi dell’economia raggiunga il punto di non ritorno.

Nella giornata di ieri la ministra delle finanze Nirmala Sitharaman ha annunciato uno stanziamento di fondi record pari a 266 miliardi di dollari (intorno al 10% del Pil indiano), con un occhio di riguardo per le piccole e medie imprese: sarà garantita infatti una linea di credito a tasso zero da 40 miliardi di dollari, per «riprendere le attività produttive e salvaguardare i posti di lavoro». Inoltre, l’esecutivo si impegna a indire gare d’appalto governative per un valore massimo di 26,5 milioni di dollari cui potranno partecipare solo aziende indiane, di fatto creando una corsia preferenziale per sostenere le imprese nazionali attingendo direttamente alle casse dello stato.

Nel periodo di transizione, ha spiegato Sitharaman, sarà esteso per altri tre mesi il sostegno economico garantito dal governo a impiegati e datori di lavoro, rinforzato con altri 330 milioni di liquidità. Quest’ultima misura, applicata alla realtà del mercato del lavoro indiano, appare piuttosto cosmetica. Non è chiaro se la maggioranza dei lavoratori indiani, per l’80% impiegata nel settore informale – senza contratto, senza pensione, senza ferie, senza tutele – avrà accesso ai fondi stanziati dal governo.

È CHIARO INVECE CHE LA CRISI dell’impiego ha già raggiunto dimensioni senza precedenti nella storia recente del Paese. Secondo i dati rilasciati dal Centre for Monitoring Indian Economy, nel solo mese di aprile 60 milioni di indiani tra i 20 e i 40 anni hanno perso il lavoro. Al 10 di maggio, il tasso di disoccupazione in India si è fermato poco sotto il 25%; il 25 marzo, primo giorno di lockdown, era al 7,5. Le ultime proiezioni di crescita anno su anno oscillano tra lo 0 e il -2%. A fronte di una crisi economica ormai ineluttabile, il premier Modi si è appellato direttamente alla popolazione, esortando all’acquisto di prodotti indiani.

DAL LATO SANITARIO, le notizie potrebbero apparire tiepidamente incoraggianti. Secondo i dati ufficiali divulgati nella mattinata di ieri, con 122 morti di Covid-19 confermate nelle ultime 24 ore, il bilancio delle vittime è salito a 2.415. Il totale dei contagi ha raggiunto quota 74.281, facendo dell’India il dodicesimo Paese più colpito dalla pandemia a livello globale. Ma, come solito, l’affidabilità dell’aritmetica indiana circa la diffusione del virus in un subcontinente da 1,3 miliardi di abitanti sconta l’esiguo volume di test effettuati.Ad oggi sono stati processati complessivamente 1,85 milioni di tamponi in tutto il territorio nazionale. Dato che, rapportato ai 2,6 milioni di tamponi effettuati in Italia secondo l’ultimo rapporto della Protezione civile, rende bene l’approssimazione dei numeri del contagio.