Il procuratore generale William Barr ha trasformato l’inchiesta in corso sulle origini del Russiagate in una vera e propria indagine giudiziaria; questa mossa significa che dirigenti ed ex dirigenti dell’Fbi e del dipartimento di giustizia eventualmente coinvolti rischiano un’incriminazione, ma più di tutto evidenzia il fatto che il potere del procuratore titolare dell’inchiesta, John Durham, è aumentato e che ora potrà avvalersi dell’uso di mandati di comparizione e di un grand Giurì per acquisire documenti e testimonianze.

Non è chiaro su quale potenziale crimine stia indagando il Dipartimento di Giustizia e i suoi portavoce hanno rifiutato di commentare con la stampa.

IL PROCURATORE GENERALE William Barr da tempo si è focalizzato sulle origini dello scandalo del Russiagate che ha contraddistinto presidenza Trump, al punto che, secondo quanto riferito, l’indagine penale potrebbe colpire i funzionari delle forze dell’ordine e dell’intelligence americani che hanno esaminato l’attacco della Russia del 2016.

L’indagine di Robert Mueller sul Russiagate ha oscurato la presidenza di Trump per quasi due anni e The Donald l’ha sempre descritta come una «caccia alle streghe» motivata politicamente. Mueller nel suo rapporto finale ha stabilito che il governo russo aveva interferito nelle elezioni del 2016 ma che non ci sono prove sufficienti per stabilire o per escludere del tutto una cospirazione tra la campagna di Trump e la Russia; oltre a ciò il procuratore ha anche delineato 10 possibili casi di ostruzione alla giustizia da parte di Trump, specificando che il suo ruolo, però, non poteva essere quello di incriminare il presidente. Tutto questo era stato un po’ superficialmente sintetizzato da Barr e Trump in: «completamente scagionato».

Recentemente il Dipartimento di Giustizia ha affermato che Trump ha fatto diverse chiamate su richiesta di Barr, a diversi leader stranieri, come il Primo Ministro australiano Scott Morrison, per aiutare il procuratore generale nelle indagini di Durham.

L’INDAGINE, infatti, è stata tecnicamente assegnata a Durham, ma ciò non vuol dire che Barr – fedelissimo di Trump – non se ne sia occupato o che non se ne occuperà in prima persona; Barr ha anche incontrato funzionari stranieri in giro per il mondo, Italia inclusa, alla ricerca di prove a sostegno di una teoria della cospirazione che confuterebbe le conclusioni di Mueller sullo scandalo russo. Personalmente Barr si è recato in Paesi alleati, tra cui l’Italia, per cercare informazioni dannose sui funzionari americani dell’intelligence, ma, stando a quanto affermato dal New York Times, che per primo ha pubblicato le affermazioni di Conte, l’Italia non disponeva di tali informazioni. Una fissazione particolare di Barr per questa investigazione è legata alla figura di Joseph Mifsud, accademico maltese coinvolto con George Papadopoulos (un consigliere della campagna presidenziale di Trump accusato di essere un collegamento tra quella campagna e la Russia) nel rapporto Mueller, e che potrebbe essere stato manovrato dai servizi segreti.

BARR HA ANCHE AFFERMATO che la revisione includerà un esame, oltre che su Mifsud, anche sull’ex funzionario dell’intelligence britannico Christopher Steele, che aveva condotto le ricerche su Trump e la Russia raccolte in un dossier commissionato da Fusion GPS, una società di ricerca e investigazione.

La teoria di Barr è che partendo da lì si potrebbero dimostrare i complotti del cosiddetto deep state per incolpare Trump, attraverso illeciti commessi dell’intelligence statunitense. Secondo il deputato e avvocato democratico Ted Lieu, Barr sta agendo per conto di Trump, non per il Dipartimento di Giustizia; «Il consigliere speciale Mueller ha accusato 34 persone e aziende – ha detto Lieu – di cui almeno otto sono state condannate o dichiarate colpevoli. Ha scoperto che la Russia ha interferito sistematicamente e ampiamente nelle nostre elezioni statunitensi. Ciò che Bill Barr ora sta cercando di fare è essenzialmente dire al popolo americano che nulla di tutto ciò è accaduto».