«Oggi abbiamo cominciato il percorso dei nove giorni! In nove (tre volte tre!) giorni ci libereremo dalla nostra dipendenza dal cibo»: un desiderio insano di perfezione pervade il mondo di Melodie van Hellingen, leader spirituale di un gruppo di persone votato all’eliminazione del superfluo, ossessione che si trasforma in una priorità esistenziale, poi in follia.

Ne scrive con grande acume l’esordiente olandese Gerda Blees in Noi siamo luce (nella vivace traduzione di Claudia Di Palermo, Iperborea, p. 240, € 17,00); l’autrice vive in una comune di Amsterdam, alla quale indirizza la dedica finale del suo testo.

La volontà di rinunciare all’alimentazione porta sul filo dell’autodistruzione la donna che dà il nome al raggruppamento, e che un tempo aveva trovato una ragione di esistenza nel suono del violoncello, passione della sua giovinezza. Il racconto ha inizio con la morte di Elisabeth, sorella della leader del gruppo, che ha abbandonato il contatto con la realtà fino a ridursi allo stato di morta in vita. Nella Casa di Melodie, con grande gioia si accoglie l’assoluta rinuncia al cibo, finalmente raggiunta da una delle fedeli, che respinge anche ogni forma di socialità, nemica del desiderio di perfezione, che persegue in dialogo su Internet con una fanatica profetessa del digiuno.

L’ambiente chiuso a ogni contatto con l’esterno, gelosamente isolato da qualsiasi influenza, viene improvvisamente violato da una indagine della polizia, e dai colloqui con gli psichiatri e con gli assistenti sociali. Da qui, il meccanismo del racconto che dà voce, di volta in volta, alla casa, ai vicini e al padre, che capendo di non poter più comunicare con i figli dopo la loro adesione a quella che è una sorta di setta, si interroga amaramente sul suo ruolo di genitore.

Il coro delle voci, incredule di fronte alla presenza dell’autorità, parla di persone assai poco socievoli, sì, ma delle quali nessuno aveva notato particolari problemi. Melodie è un nome profetico: il desiderio di perfezione ha aperto la via al credo folle di una armonia finale dei gesti e dei pensieri. Il sogno macabro di una rinuncia alla esistenza di cui parla Blees si ispira a un caso di cronaca accaduto a Utrecht nel 2017.