Il dato dei positivi al Coronavirus registrati ieri rappresenta un’anomalia. I 12.527 nuovi casi sono infatti circa il 25% in meno rispetto al dato di giovedì scorso, quando i nuovi positivi erano stati quasi 17 mila. A guardare tutti gli altri dati, però, il picco epidemico non è stato ancora raggiunto. L’ondata continua a montare ma a un ritmo meno sostenuto. L’incidenza di nuovi casi settimanali per 100mila abitanti, un dato meno soggetto a variazioni statistiche giornaliere, è a 176 (aggiornato a ieri), il 12% in più di sette giorni fa. Dunque la salita è meno ripida rispetto alla settimana scorsa, quando l’incremento era stato superiore al 20%. Serviranno altri giorni per stabilire se si tratta del rallentamento che precede il raggiungimento del picco e poi l’esaurimento di un’ondata epidemica. Per ora, l’indice Rt rimane saldamente sopra 1.

PER ASSISTERE a un eventuale ricaduta sul numero di casi gravi bisogna attendere, perché il dato sui contagi sintomatici non è il primo a cambiare, sia in meglio che in peggio. Per ora, i pazienti in ospedale aumentano. I pazienti ricoverati per Covid nel loro complesso sono aumentati del 19%, e ora sono 7.144 secondo le statistiche del ministero della Salute. In terapia intensiva ci sono 811 persone, cioè il 16% in più di sette giorni fa quando erano 698. La buona notizia è che il numero di nuovi ingressi in rianimazione è stabile rispetto alla settimana precedente, poco al di sopra di 400 nuovi ricoveri. Altro dato rassicurante (si fa per dire) arriva dai decessi. Anch’essi aumentano ma solo del 6%, dunque a un tasso molto inferiore rispetto a quello dei contagiati. Ora sono circa 80 al giorno in media.

È LA PRIMA VOLTA, dall’inizio dell’epidemia, che la curva delle ospedalizzazioni non cresce allo stesso ritmo di quella dei contagi. «È verosimile che la riduzione della percentuale dei pazienti ospedalizzati nelle ultime settimane sia correlata al progressivo incremento delle terze dosi somministrate – spiega Nino Cartabellotta della Fondazione Gimbe – che riportano l’efficacia a valori più elevati». Secondo il report settimanale della fondazione, è positivo anche il numero delle nuove vaccinazioni, che fa segnare un aumento del 16% rispetto a una settimana fa.

DOPO SETTE SETTIMANE consecutive di dati in crescita, in molte regioni la pressione sugli ospedali inizia a farsi sentire. Rimangono al di là delle soglie critiche in Friuli-Venezia Giulia e a Bolzano, che sono le due aree in zona gialla. In Fvg, il posti letto occupati dai pazienti positivi sono quasi il 15% in terapia intensiva e il 23% in area medica. Al contrario, in Alto Adige sono il 22% in terapia intensiva e circa il 19% nei reparti ordinari. Sono anche le due aree del paese in cui l’incidenza è maggiore: il triplo della media nazionale a Bolzano, il doppio in Fvg. Con questi numeri, è più probabile lo sforamento in zona arancione che il ritorno in bianco.

SEBBENE IN CALABRIA l’incidenza sia nettamente più bassa (118 casi settimanali per 100mila abitanti), il sistema sanitario regionale è assai più debole e dunque ha già indicatori che attualmente ne farebbero la terza regione in zona gialla. La regione ha più del 15% di posti letti occupati dal Covid in area medica e circa il 10% in terapia intensiva. Sarà la cabina di regia a comunicare oggi la decisione dopo aver esaminato i dati del monitoraggio settimanale di Iss e ministero della Salute.

ANCHE IL VENETO è a forte rischio. I livelli critici di saturazione sono stati già raggiunti in terapia intensiva ma c’è ancora margine nei reparti ordinari. Il passaggio alla zona gialla, fra due settimane, è messo in conto dal presidente della regione Luca Zaia. Anche la posizione di Lazio, Lombardia, Liguria e Trentino potrebbe cambiare presto. Unica consolazione per queste regioni: la zona gialla non comporterà grandi misure restrittive per il periodo natalizio. Il cambiamento più importante è l’obbligo di mascherina all’aperto, un provvedimento la cui efficacia è piuttosto dubbia secondo gli esperti. Molti dei provvedimenti, come il green pass rafforzato, sono già in vigore anche per la zona bianca. Queste tendenze potrebbero essere rivoluzionate dall’impatto della variante Omicron. Nei paesi in cui si monitorano i ceppi virali in circolazione, la variante sembra espandersi a una velocità superiore alla Delta. Se il dato sarà confermato, di qui a 1, 2 mesi potremmo trovarci di fronte a un’epidemia del tutto nuova, di cui oggi è difficile stimare l’impatto sulla popolazione, sul sistema sanitario e sulle vaccinazioni.